di Michela Orlandi *

Dieci mesi da trascorrere a Münster, in Germania. Un nome sconosciuto a tutte le persone con cui ne parlavo e storpiato nei modi più fantasiosi dai miei amici. Ma Münster è in realtà una delle città universitarie più famose della Germania, 37.000 studenti e una media di tre biciclette per abitante. 

Tra le cose più rappresentative del mio Erasmus c’è proprio la mia ormai malandata bicicletta azzurra, con cui ho pedalato sotto la pioggia, con dieci gradi sotto zero le mattine d’inverno per andare in reparto, di notte da un capo all’altro della città perché qualcuno ha sentito dire di una festa, per raggiungere casa di un amico perché semplicemente stasera non hai voglia di cenare sola, sotto il sole per andare a tuffarsi nel canale a luglio quando anche in Germania ci sono più di trenta gradi.

Una bicicletta parcheggiata in riva al lago, questa è una delle immagini che più associo a Münster nella mia testa, ma accanto a questa ce ne sono talmente tante altre che è difficile scegliere le più significative, perché sinceramente tirare le somme di un’esperienza così variegata e intensa è compito arduo.

“Erasmus is not one year in your life, but your life in one year”. Non mi piacciono gli slogan ma in questo mi trovo pienamente: l’Erasmus è come racchiudere la vita in un anno. Riparti da capo in una nuova città, con una nuova casa, una nuova università, devi parlare un’altra lingua e costruire dall’inizio nuove abitudini e nuovi rapporti; tutto scorre così veloce che il tempo passa e senza che tu te ne accorga ti senti a casa, ogni angolo è familiare e le persone che vedi ogni giorno sono ormai la tua routine. 

Questa città è diventato il tuo angolo di felicità, ma adesso il tuo periodo qua è finito: gli ultimi giorni sono strani, la malinconia è un sottofondo costante anche nelle ultime feste, gli addii sono difficili, eppure allo stesso tempo sei felice perché sei arrivato in fondo a un’esperienza che senti di aver vissuto a pieno.

Non definirei l’Erasmus come una parentesi, perché è vero che si tratta di un anno completamente diverso da quella che è la vita normale, ma non finisce affatto nel momento in cui torni a casa perché ti arricchisce in tutto e per tutto: questo anno mi ha lasciato moltissimo tanto dal punto si vista umano che dal punto di vista formativo.

Studiare Medicina in un’università tedesca vuol dire confrontarsi con una realtà molto diversa dalla nostra, e posso dire che sia stata una sfida: le lezioni e gli esami in tedesco, i professori che parlano troppo veloce, la ricerca di slide e informazioni, i tirocini in reparto in cui ti accorgi di quanto dai primi anni gli studenti tedeschi siano capaci di fare molto in autonomia. All’inizio il confronto è inevitabile con il sistema universitario italiano, la pratica qua è molto più importante, lo studio non è motivo di stress eccessivo e le possibilità sono maggiori, ma poi ho capito che non serve lamentarsi ma piuttosto farsi incentivare da questa realtà e tornare a casa con più motivazione e voglia di fare: tutto questo è stato e rimane uno stimolo per il resto dei miei studi e per il futuro.

E poi le amicizie: in un anno ho conosciuto decine di persone diverse da tutta Europa, e non solo, ho stretto rapporti bellissimi con spagnoli, polacchi, americani, tedeschi, che spero si mantengano negli anni nonostante le distanze. Dopo un’esperienza del genere in cui condividi la quotidianità con persone di altre nazionalità per cui ogni giorno diventa un confronto di culture, è impossibile non tornare a casa con la mente più aperta e la convinzione che i confini linguistici e geografici non sono un limite ma piuttosto un punto di incontro. 

La Germania è un paese che ti accoglie e ti apre a tutte le sue possibilità, dopo un anno posso dire di aver trovato un posto che per una parte di me sarà sempre casa. Lasciare posti e persone ormai così familiari è difficile, ma non sono triste perché so di aver vissuto a pieno questo periodo della mia vita che, nonostante si sia concluso, mi ha arricchito di curiosità, determinazione e uno sguardo spalancato verso il mondo. 

* 25 anni, studentessa del quinto anno del corso di laurea in Medicina e chirurgia, Roma