«Affrontare il tema delle migrazioni da un punto di vista giuridico, cercando di scoprire quali soluzioni il diritto possa offrire per comprenderlo meglio». È il taglio con cui il fenomeno migratorio è stato affrontato nell’incontro “La questione migratoria tra giustizia, diritto e antropologia”, introdotto dal professor Giovanni Bombelli, docente di filosofia del diritto all’Università Cattolica.
“Giustizia o umanità? Come e perché le società sviluppate devono rispondere al problema migratorio” è il problema che si è posto la professoressa Isabel Trujillo, docente di filosofia del diritto all’Università degli studi di Palermo. Tanti i temi toccanti durante la sua lezione, anche se tutti inseriti all’interno di un ragionamento più ampio, incentrato sulle teorie della giustizia e su come queste possano essere collegate al tema delle migrazioni.
Partendo dalla domanda se giustizia e umanità siano principi pertinenti nel campo del diritto, e passando attraverso una riflessione sul motivo per cui molte teorie della giustizia non considerino ingiustizie le disuguaglianze che avvengono sull’altra sponda del Mediterraneo (in quanto possono essere ritenute tali solo quelle che hanno luogo all’interno della stessa comunità politica, secondo il concetto di giustizia domestica), la Trujillo giunge ad acclarare alcune conclusioni: «Senza umanità non si può comprendere la giustizia e pertanto queste due componenti devono procedere di pari passo nella gestione del problema migratorio; la distinzione tra dentro e fuori alla luce dei diritti umani è discutibile; ad essere umani nell’ottica dei diritti sono quelli che si impegnano a tutelare i diritti degli altri».
Il professor Fabio Macioce, docente di filosofia del diritto alla Lumsa, si è soffermato sulla questione delle frontiere e del diritto all’inclusione. Il relatore ha esordito esprimendo perplessità in merito al meccanismo di funzionamento delle frontiere, che può ritenersi opaco, «perché ci sono persone che vivono proprio dove ci sono i confini e di conseguenza diventa difficile stabilire chi sta dentro e chi fuori».
Dopo una breve parentesi sull’immigrazione irregolare in Italia dettata da un’approssimativa gestione del problema da parte delle forze politiche, Macioce ha concluso esponendo la sua idea di frontiera: «Bisogna pensare alle frontiere non come dei meccanismi fondati sullo status, sui requisiti, ma come a uno spazio d’interazione tra lo stato d’arrivo e i soggetti migranti, che tenga conto di come agiscono e di come si comportano. Spostare dunque l’attenzione dallo status sull’agency: ciò che è importante è quello che i migranti fanno, il modo con cui si integrano e interagiscono con la comunità di destinazione».