di Guido Milanese *
La scelta di Seneca per la seconda prova al liceo classico compensa quella di Caproni (e non certo il miglior Caproni) per la prima prova. Seneca è un autore molto letto a scuola, frequentemente assegnato alla Maturità negli ultimi anni; e in particolare l’argomento trattato – il valore della filosofia per la vita – è essenziale non solo per il filosofo romano, ma per tutta la filosofia ellenistica. Come quasi sempre nelle Lettere a Lucilio e in generale in Seneca, il testo non presenta periodi “muscolari” dal punto di vista sintattico; la difficoltà è sempre di tipo semantico, e una traduzione vera in italiano presupporrebbe una conoscenza delle tematiche della filosofia ellenistica superiore a quella di un pur serio studente liceale.
Pensiamo alla parola artificium, all’inizio del brano: la filosofia non è un populare artificium. L’omofonia con l’italiano, ovviamente, produrrebbe un disastro, come di regola accade: “artificio popolare” non vuol dir nulla. Per tradurre sensatamente questa espressione bisognerebbe sapere che cosa vuol dire ars (in greco téchne) nella cultura filosofica ellenistica: «Un’arte atta a procacciarsi il favore del popolo» rendeva Boella nella sua classica traduzione (Utet 1969): «Philosophy is no trick to catch the public» propone la più diffusa traduzione inglese, quella della Loeb, esagerando un bel po’ ma lasciando emergere il fatto che la filosofia non è un sapere fine a se stesso.
Un altro esempio due righe dopo: nell’enumerazione degli effetti della filosofia sulla vita, Seneca scrive che la filosofia actiones regit: facile la “non traduzione”, che porterà molti candidati a scrivere “regge le azioni”. Ma anche qui, grande la difficoltà: bisogna aver chiara la semantica del verbo regere, che significa «dare un orientamento, tracciare una linea»: il rex è colui che orienta il suo popolo, e la linea recta è appunto recta come una vita recta – cioè ben orientata. E non a caso Seneca propone, di lì a poco, la classica metafora della filosofia come capace di guidare la nave della vita tra le tempeste; riproponendo, con la forma composta derigo, il nucleo semantico dell’orientamento.
Senza la filosofia nemo intrepide potest vivere, nemo secure; e anche qui è facile sbagliare. Seneca dice che senza l’orientamento fornito dalla filosofia non si può vivere in-trepide, cioè senza paure, e secure, cioè sine cura, senza ansia. Ancora una volta, un tema classicamente ellenistico: la filosofia ci libera da paura e ansia, perché ci indica il vero senso della vita. La parte finale del testo, poi, presenta una sorta di rassegna delle ragioni per cui un fatalista potrebbe rifiutare la filosofia; se tutto è già deciso, perché illudersi di controllare la propria vita?
Facile, questo testo? Facile, certo, far finta di capire; ma capire sul serio, per nulla facile. E risorge, come tutti gli anni, il solito problema: perché una traduzione come prova finale? Ma il discorso, ormai, è stancamente presente da troppo tempo, e si scontra con la paura di cambiare, con le comprensibili preoccupazioni di perdere una prova che ha certamente le sue qualità, con le difficoltà del liceo classico. Troppe questioni, tutte insieme, per parlarne in questa occasione.
* docente di Lingua e letteratura latina, facoltà di Scienze linguistiche, sede di Brescia e Milano