“Chierici, cortigiani, battitori liberi. Quale ruolo per gli intellettuali?” è il titolo del convegno promosso dal centro di ricerca “Letteratura e cultura dell’Italia unita” il 30 ottobre a Milano. In questa occasione il professor Giuseppe Lupo ha lanciato un dibattito a cui hanno aderito alcuni docenti della Cattolica. Pubblichiamo l’articolo del professor Giovanni Gobber
di Giovanni Gobber *
Voce non bella, ma ve n’è di più brutte, direbbe Tommaseo: ad alcuni, la parola intellettuale ricorda un borioso individuo che ha letto qualche libro e si incarica di spiegare le cose alla massa ignorante.
A chi invece indaghi l’etimo per comprendere i punti di vista degli antichi e confrontarli con gli esiti moderni, intellettuale sembra denotare, per lo più, chi “ha intelligenza”. La matrice è il verbo latino intelligere, che è un intus legere, un “cogliere” (legere) quanto è “dentro” (intus) alle cose del mondo. Un tempo, anche gli intellettuali guardavano al mondo ben sapendo che la vita era breve e bisognava osservare senza perdersi in chiacchiere. Del resto, il mondo era chiamato saeculum (forse con il significato di “tempo di una generazione”), che nell’inglese antico si tradusse werold cioè “l’età (old) dell’uomo (wer)”, continuato nel nome odierno world. Da un punto di vista antico e, forse, per questo sempre attuale, un intellettuale è chi “intuisce” cose profonde che riguardano ciascuno di noi e non le tiene per sé, ma le comunica agli altri: egli dice qualcosa d’importante per la nostra breve esistenza. Un intellettuale è testimone e guida nell’esperienza umana.
Non pochi ribatteranno che, forse, gli intellettuali più attivi nelle piazze e nei salotti sono interessati ad altro che al destino degli esseri umani. Giusta osservazione: molti intellettuali d’oggi agiscono per sé o per i loro padroni. Gli uni si agitano per farsi notare, perché la notorietà dà loro “visibilità” e guadagni. Gli altri sono maggiordomi addetti (pagati) alla promozione di un’agenda decisa chissà dove. Diverso era il caso degli intellettuali organici al proletariato: credevano nel Partito, il quale era “intelletto, onore e coscienza della nostra epoca”. Ma quell’epoca – almeno in Occidente – è passata. E con essa è passato il disinteresse e la passione per il destino delle masse. Le quali, tuttavia, hanno – sembra – fatto tesoro di un detto famoso di Abraham Lincoln: “You can fool all the people some of the time, and some of the people all the time, but you cannot fool all the people all the time”. Come dire: vuoi essere un intellettuale? Allora sii sincero con te e con gli altri. E sii pronto a pagare, non a essere pagato. Vaste programme.
* docente di Linguistica generale, preside della facoltà di Scienze linguistiche e letterature straniere, campus di Milano
Nono contributo di una serie di articoli dedicati al ruolo degli intellettuali