Hanno frequentato la scuola di giornalismo dell’Università Cattolica e sono in prima linea, su diverse testate, nel racconto della pandemia da Coronavirus. Ma testimoniano tutti insieme che i media, soprattutto online, restano ancora vitali. Le voci dei nostri reporter in una serie di articoli


Digitando il nome di Tonia Cartolano su Twitter, anche prima del suo account, a comparire sono decine di tweet che la riguardano; tutti sullo stesso tenore, tutti traboccanti di affetto e stima per una figura, anzi una persona, entrata ormai nella familiarità del pubblico di Sky Tg24. Approdata nell’all news di Sky dopo aver frequentato il master in Giornalismo dell’Università Cattolica, sono ormai settimane che Tonia racconta sul campo tutte le tragedie, le fatiche e le storie che contraddistinguono, oramai, l’eccezionalità quotidiana dettata dal Coronavirus. 

«Kapuscinski diceva che il cinico non è adatto a questo mestiere, e quando racconto quello che vedo – rammenta Cartolano – ho sempre un certo distacco ma dettato dalla necessità: non riesco però a non sentire il dolore della gente. A volte la sera, quando torno a casa, mi si stringe la gola perché avverto troppo il peso delle parole degli altri ma sento il dovere di andare avanti». 

È proprio dallo scoppio dell’epidemia che in Tonia Cartolano si è consolidata una consapevolezza, quella della capacità di vicinanza alla gente e alle loro problematiche, già maturata in occasione del crollo del ponte Morandi a Genova e ancor prima durante il terremoto dell’Aquila. «In quelle tragedie ho iniziato a capire come le persone si riconoscano nel mio modo di comunicare, accogliendolo a braccia aperte». Empatia, dunque. Un’abilità forse innata, ma che di certo si affina col tempo, con l’esperienza sul campo, e che per Cartolano ha avuto inizio con la tesi su Bruno Brancher con cui concluse il suo biennio di master in Cattolica. 

«Lì ho imparato che se dedichi tempo alle persone, uscirà di certo un buon lavoro. Se invece si va con un approccio mordi-e-fuggi, la gente non si apre; l’attenzione che si dedica al prossimo porta sempre a un buon risultato, a una conversazione a cuore aperto, ed è qui che deve emergere la necessità, tua di giornalista, di capire chi e cosa si sta ascoltando». 

Il mondo intero vive giorni difficili, che richiedono un grande spirito di adattamento. Così è stato anche per il microcosmo giornalistico e per la redazione di Sky Tg24, in particolare, con buona parte dei giornalisti costretti a lavorare in remoto da casa. La tecnologia ha permesso di ovviare a problemi che sarebbe stato impossibile risolvere anche solo fino a una decina di anni fa, ma per Tonia Cartolano ci sono modalità che devono mantenersi, per non far perdere valore al mestiere. «Bisognerà sempre scendere in strada per far sì che il pubblico capisca per davvero quello che succede». 

Nelle ultime settimane si è poi presa coscienza più che mai come il giornalismo svolga una funzione di pubblica utilità. Mentre tutti sono costretti a stare a casa c’è, invece, chi va in strada, a raccontare quello che altrimenti nessuno potrebbe sapere. «Io sto vivendo tutto questo come un momento di grande consapevolezza della professione – commenta Tonia Cartolano – perché rischi la pelle, in un modo che neanche immaginavi. È come essere inviati di guerra, solo che non scegli di andarci, né sai quando riuscirai a tornare».