Hanno indossato gli stessi abiti della scientifica sulla scena di un crimine. Ma non c’è stato nessun delitto. Semmai un cold case dall’Egitto di 3.000 anni fa. Gli esperti del Centro di Ricerca sulla Biodiversità e sul Dna Antico della sede di Piacenza dell’Ateneo Paolo Ajmone Marsan (a destra nella foto) e Licia Colli (al centro) insieme al microbiologo Pier Sandro Cocconcelli (a sinistra) hanno eseguito un primo campionamento sui sarcofagi egizi della XXI Dinastia provenienti dal Secondo Nascondiglio di Deir el Bahari, sotto lo sguardo interessato ed entusiasta dei visitatori e di tanti bambini delle scuole in visita alla mostra ‘La Porta dei Sacerdoti. I sarcofagi egizi di Deir el Bahari”.
Un’esposizione allestita a Siracusa, all’interno della quale l’équipe dell’Istituto Europeo del Restauro, guidata dal professor Teodoro Auricchio (nella foto, secondo da sinistra) e da Annalisa Pilato, sta eseguendo, sotto gli occhi del pubblico, l’intervento restaurativo sui preziosi reperti di proprietà dei Musei Reali del Belgio.
L’obiettivo dei ricercatori è stato quello di prelevare alcuni campioni di materia dai quali verrà estratto e analizzato il Dna, per ottenere importanti informazioni sugli elementi costitutivi e sugli ecosistemi antichi nei quali sono stati realizzati i preziosi manufatti egizi.
All’interno del laboratorio Europa, allestito in mostra per il restauro in pubblico dei sarcofagi, è stato realizzato un ambiente sterile allo scopo di prelevare alcuni micro frammenti di materiale originale, che verranno analizzati dagli specialisti nei laboratori del Centro di ricerca nella sede di Piacenza.
«Per la prima volta si è deciso di applicare questa particolare analisi per dare il via a uno studio approfondito su questi reperti che rappresentano la collezione della XXI Dinastia più importante al mondo, in relazione al luogo del ritrovamento» spiega il professor Paolo Ajmone Marsan. «Ci troviamo di fronte a una grande sfida. Questi reperti sono già stati analizzati con diverse tecniche avanzate di tipo chimico e fisico. A questo punto possiamo fare un passo in più nell’esplorazione, aggiungendo l’analisi del Dna antico».
Una prospettiva che potrebbe aprire una nuova frontiera di ricerca. «Se il carotaggio fatto sui sarcofagi evidenzierà la presenza di Dna antico contenente microrganismi, si aprirà la possibilità di sviluppare o confermare alcune idee sull’evoluzione e sulla diffusione di alcuni batteri, dandoci l’opportunità di rispondere a quesiti che ci poniamo ancora oggi» aggiunge il microbiologo della facoltà di Scienze agrarie alimentari e ambientali della Cattolica Pier Sandro Cocconcelli. «Pensiamo a quanto potrebbe essere stimolante ad esempio ricercare i geni dell’antibiotico-resistenza nel Dna antico, risalente cioè ad un’epoca antecedente l’esistenza degli antibiotici».
Il Centro di Ricerca sulla Biodiversità e sul Dna Antico dell’Università Cattolica del Sacro Cuore si colloca da oggi a pieno titolo nel gruppo di lavoro dell’Istituto Europeo del Restauro (che nel 2014, è stato scelto dal museo belga quale partner di eccellenza per il restauro della propria collezione), composto da numerosi esperti e importanti centri di ricerca nazionali e internazionali, il cui obiettivo non è solo di assicurare la conservazione di questi rarissimi reperti, ma anche di dare alla comunità scientifica e ai numerosi appassionati, ulteriori informazioni sul misterioso e affascinante mondo dell’Antico Egitto.