di Angelo Baglioni *

Il voto del Parlamento britannico del 15 gennaio rende più probabile un’uscita del Regno Unito dall’Unione europea in maniera disordinata, ovverosia senza un accordo oppure con un accordo al ribasso, che non salvaguardi l’accesso del Regno Unito al libero scambio di beni e servizi con gli altri paesi europei: uno scenario che va sotto il nome di “hard Brexit”. Se ciò dovesse effettivamente accadere, le conseguenze sarebbero gravi, soprattutto per il settore finanziario, data l’estrema rilevanza della piazza di Londra per il settore finanziario europeo.    

Nel caso di una “hard Brexit”, in cui il Regno Unito venisse a trovarsi fuori dalla European Economic Area (EEA), le banche (inglesi e internazionali) con sede a Londra perderebbero il “passaporto finanziario”, cioè la possibilità di prestare servizi negli altri Paesi europei grazie alla autorizzazione ottenuta nel Regno Unito. Ciò comporterebbe un trasferimento di attività da Londra ad altre piazze finanziarie appartenenti alla Ue, al fine di continuare ad usufruire del passaporto finanziario grazie alla presenza, con una propria sede legale, in un paese della Ue.

Questo processo è già iniziato durante i due anni di trattative ed è destinato a subire una accelerazione in caso di fallimento delle trattative stesse, come sembra stia accadendo. In mancanza di una sede legale nella Ue, la possibilità di fornire servizi negli altri Paesi europei sarebbe condizionata a una serie di autorizzazioni da parte delle autorità dei singoli paesi. È probabile che la “hard Brexit” inneschi una lunga serie di trattative bilaterali con i singoli governi europei, al fine di salvaguardare la prestazione cross-border di servizi finanziari tra il Regno Unito e i vari paesi europei.

L’utilizzo del passaporto finanziario è un fenomeno rilevante in entrambe le direzioni: sia per gli intermediari residenti in Uk che lo richiedono per fornire servizi in altri paesi della Ue, sia per istituzioni di altri paesi Ue che vogliono fornire servizi in Uk.

Le conseguenze di una eventuale perdita del passaporto finanziario per la piazza di Londra andrebbero in due direzioni: gli effetti negativi sarebbero sia per gli intermediari che hanno sede a Londra sia per quelli che hanno sede negli altri paesi europei.
    
 * Docenti di Microeconomia nella facoltà di Scienze bancarie, finanziarie e assicurative dell’Università Cattolica del Sacro Cuore