«Adesso uniamo il paese. Con questo mandato realizzeremo la Brexit». Le dichiarazioni lapidarie del premier britannico Boris Johnson arrivano all'indomani della netta vittoria del partito conservatore alle elezioni del Regno Unito. Il partito del premier ha infatti ottenuto, secondo gli exit poll, 364 seggi. I laburisti, invece, hanno registrato il peggior risultato dal 1935 e il proprio leader Jeremy Corbyn, lamentando attacchi contro la propria famiglia, ha annunciato questa mattina le dimissioni dalla guida del partito. «Si tratta ovviamente di una notte molto deludente per il partito laburista» aveva annunciato ieri Corbyn, lasciando intendere le proprie intenzioni. L'obiettivo di Johnson – che aveva chiesto a gran voce le elezioni anche per ottenere una maggioranza più ampia che lo sostenesse nei negoziati con l'Unione Europea, impostando la campagna elettorale su una rapida separazione tra Gran Bretagna e Unione Europea – è stato raggiunto. I Tory, infatti, avrebbero conquistato la maggioranza assoluta a Westminster secondo le proiezioni.
Il mandato quindi è chiaro: gli inglesi vogliono l'uscita del Regno Unito dall'Unione Europea. Anche se la vittoria del partito conservatore, in maggioranza pro-Brexit, non è dettata soltanto da un rigetto tout court degli inglesi verso le politiche Ue. Antonio Zotti, docente di istituzioni europee all'università Cattolica, sostiene infatti che «non ha vinto una posizione politica a favore di un'uscita dura dall'Ue, di un totale taglio di rapporti con le istituzioni comunitarie, così come era stata presentata, ad esempio, dal Brexit Party di Farage o dalle parti più massimaliste del partito conservatore. La vittoria dei Tory – continua Zotti – si giova molto dell'esasperazione degli elettori britannici riguardo alla mancanza di chiarezza che dal 2016 c'è sul futuro del loro paese. Johnson è l'unico che tuttora sembri dare una direzione chiara».
Un risultato atteso, ma che sembrava essere molto meno dirompente. I sondaggi davano pochi punti di distacco tra i due candidati principali; per mesi imponenti manifestazioni a favore dell'Unione Europea avevano riempito le strade di Londra; membri del parlamento britannico, con l'appoggio anche dell'ex premier Theresa May, avevano aperto alla possibilità di un secondo referendum sulla Brexit. Il distacco tra conservatori e laburisti, invece, è stato più ampio del previsto. Zotti spiega il maggiore margine d'errore dei sondaggisti a causa dell'estrema volatilità degli elettori. «L'elettorato non segue più orientamenti che rimangono stabili e che derivano da un'identificazione con un gruppo sociale o con valori condivisi. Le società occidentali sono sempre più complesse e quindi diventa sempre più difficile cogliere le tendenze sociali. È un fenomeno in crescita e senza strumenti più raffinati sarà sempre molto difficile prevedere le preferenze della popolazione».
La strada del Regno Unito, quindi, pare tracciata con maggiore chiarezza dopo le elezioni di domenica. Il Paese terra d'approdo di migliaia di giovani italiani in cerca di un futuro all'ombra del Big Ben lascerà l'Unione Europea. Se però da un lato queste elezioni hanno introdotto un elemento di chiarezza sulla Brexit, dall'altro lato i tempi per la conclusione dell'accordo potrebbero ulteriormente allungarsi. Per Zotti «Johnson potrebbe essere così galvanizzato dal risultato delle elezioni da rimettere in discussione i termini da lui stesso negoziati con l'Ue solo pochi mesi fa. L'ambiguità con la quale il premier ha sempre trattato la questione degli scambi di merci tra Irlanda del Nord e il resto del Regno Unito – conclude Zotti – è un indice molto poco promettente sulla disponibilità del suo futuro governo di stare a quei patti che lui stesso ha definito». Londra, quindi, potrebbe allungare ulteriormente i tempi del suo addio all'Unione. Gli inglesi, però, sono stanchi dell'incertezza e vogliono uscire dal tunnel in cui sono entrati dopo il referendum di tre anni fa. Le elezioni di ieri hanno indicato la strada, ora tocca alla politica portare a termine un processo pieno di incognite e che avrà delle ripercussioni sulla vita di tutto il continente.