Lo tsunami Covid-19 ha messo a dura prova il Servizio Sanitario Nazionale che ha dovuto sostenere una pressione mai sperimentata per un virus sconosciuto che ha colpito soprattutto la popolazione anziana e i pazienti cronici.
Dopo la fase più acuta, in cui sono stati attivati nuovi posti letto in terapia intensiva, nuovi reparti Covid e si sono attivate sul territorio iniziative che coinvolgono i medici di base e le altre professioni sanitarie (si pensi ad esempio all’attivazione delle Unità speciali di continuità assistenziale) è il momento di iniziare a pensare alla fase due e interrogarsi sulle nuove priorità.
Una fase che deve concentrarsi su due priorità: da un lato la prevenzione di una nuova diffusione del virus, attraverso distanziamento sociale, dispositivi di protezione ma anche una rete di “sentinelle” sul territorio che siano capaci di intercettare nuovi focolai (per agire su un possibile nuovo incendio occorre intervenire tempestivamente). Dall’altro ci si deve concentrare sul paziente post acuto da gestire in strutture dedicate, con servizi dedicati, meglio non al domicilio, anche per impedire il contagio intrafamiliare, e quindi la recrudescenza della diffusione.
Questo vuol dire ripensare alla rete di servizi extra ospedalieri, istituendo strutture dedicate e un sistema strutturato e integrato di professionisti che sappiano farsi carico di questa nuova priorità.
Il professor Emanuele Vendramini, docente di Economia aziendale alla facoltà di Economia e Giurisprudenza dell’Università Cattolica, analizza, nel podcast allegato, il problema della governance del Sistema sanitario nazionale messo a dura prova dall’emergenza Covid-19.