Nonostante le incertezze di questo periodo, l'Università Cattolica continua a ritenere l'internazionalizzazione una parte fondamentale dello sviluppo accademico degli studenti. Per perseguire questo obiettivo promuove attivamente nuove opportunità internazionali, offrendole anche in modalità virtuale.

 

Una riflessione sui cambiamenti che stanno investendo i percorsi universitari è stata guidata da Pier Sandro Cocconcelli, Delegato del Rettore per il coordinamento dei progetti di internazionalizzazione, che giovedì 3 dicembre ha presieduto l'incontro Internationalization Today - Experiences at home and from abroad, tenutosi durante l’International Week dell'Università Cattolica.

 

 

«Il nostro compito è insegnare, fare ricerche e servire la società. Oggigiorno i temi chiave riguardano le opportunità e la mobilità degli studenti. Quest'ultima è una componente cruciale del loro curriculum universitario, ed è infatti sostenuta grazie ai programmi Erasmus creati dall’Ateneo, oltre che da 130 borse di studio stanziate dal Ministero dell’Università e della Ricerca», ha affermato Cocconcelli, prima di lasciare la parola ad Amanda Murphy, Director of Centre for Higher Education Internationalisation dell’Università Cattolica. «La definizione stessa di internazionalizzazione si riferisce ad una dimensione, sia essa internazionale o interculturale, che concerne tutti gli aspetti della vita di uno studente. Benché sia impossibile poter definire un’esperienza universitaria davvero internazionale, rinunciando all’idea di viaggiare, è importante tuttavia rendersi conto che esistono altri modi per acquisire una preparazione completa. Al momento, stiamo cercando di creare un laboratorio di internazionalizzazione esclusivo ed inclusivo, pur dovendo restare fra le nostre mura domestiche», ha commentato Murphy, aggiungendo che «la diversità è qualcosa che si stabilisce automaticamente all’interno di una classe eterogenea, dove vengono dosati fra loro varie culture e prospettive». Non a caso, si individuano altri metodi per internazionalizzare le università senza andare all’estero. «Fra questi, l’insegnamento delle materie di indirizzo attraverso l’utilizzo della lingua inglese o tramite la promozione di progetti internazionali realizzati da team universitari che possono collaborare insieme virtualmente», conclude Murphy.

 

Da un sondaggio condotto in 19 paesi diversi, emerge come gli studenti internazionali decidano dove studiare in base all'impatto che un determinato luogo avrà sulla loro carriera lavorativa futura. Questa variabile viene anteposta alle credenziali di un ateneo e alla vivibilità di un paese. Come Director of Expertise in Labour Mobility and Client Services Europe for i-graduate Nannette Ripmeester ha ricordato che «ogni lavoro è internazionale: ai lavoratori del 2020 è richiesta grande capacità di adattamento e interazione con colleghi provenienti da tutto il mondo. In particolare, si possono identificare alcune competenze professionali specifiche spendibli nel mondo occupazionale: l’empatia, le conoscenze culturali e le competenze digitali. Infine, occorre menzionare l'app Careerprofessor.works, uno strumento utile per tutti gli studenti dell’Università Cattolica».

 

Un altro aspetto rilevante per comprendere l’evoluzione del contesto universitario riguarda la nascita della rete, che con rapidità ha prodotto cambiamenti significativi. Lo stesso metodo d’insegnamento ne è stato influenzato. Patrick Colabucci in qualità di Former Director of International Programs and Director of Business Development at Global Online of UCLA ha ricordato come oggi «ci si aspetti che gli studenti assumano una conoscenza propria, invece di ripetere semplicemente un insegnamento impartito. Ognuno infatti condivide ciò che sa con tutta la classe. Le università stanno creando nuove risorse, come uffici di tutoring, gruppi di conversazione virtuale e consulenti accademici virtuali, in modo che gli studenti possano connettersi con i loro coetanei online, prima ancora di arrivare in un nuovo paese». Gli ambienti virtuali ricostruiscono la realtà dei luoghi di lavoro, poiché l’apprendimento online accresce le interazioni fra studenti, i quali tendono a sviluppare spiccate abilità di collaborazione nella risoluzione dei problemi.

 

Ezio Fregnan, Academy Director e HR Training Manager di COMAU, un’azienza leader mondiale nel campo dell’automazione industriale ha concluso lo spazio del dibattito. Appurato che la complessità, la volatilità e l’ambiguità sono parole chiave del 2020, Fregnan ha suggerito di focalizzare l’attenzione su un aspetto innovativo delle dinamiche produttive. Per la prima volta infatti osserviamo cinque generazioni lavorare contemporaneamente e in modo molto diverso l'una dall'altra. Come ha indicato Fregnan, ci sono abilità che dobbiamo acquisire per rendere efficace lo smart working; innanzi tutto una cultura basata sulla fiducia, seguita da una gestione guidata da obiettivi e risultati, flessibilità e, infine, alti livelli di autonomia e apertura al cambiamento continuo. «C'è qualcosa di positivo in ogni cambiamento» ha aggiunto Fregnan e «dobbiamo insegnare ai nostri studenti a vedere sempre il bicchiere mezzo pieno.  Sono richieste nuove competenze. Queste riguardano la tecnologia, la solerzia, l’impegno, la collaborazione e l’interdisciplinarità".

 

Come evidenziato dai relatori, il mondo dell’educazione sta cambiando. «Questa opportunità deve essere colta. Viviamo in un mondo nuovo, per il quale occorrono nuove chiavi di lettura», ha concluso il Delegato del Rettore Pier Sandro Cocconcelli.