Assisi, Orvieto e Perugia: luoghi di bellezza e templi di spiritualità. Un contesto ideale per condurre in un affascinante percorso di studio gli iscritti alla prima Summer School “Arte e fede”, promossa da un consolidato rapporto tra il Sacro Convento e l’Università Cattolica. Il corso è entrato subito nel vivo con l’intervento di monsignor Pasquale Iacobone. «Quando affrontiamo un'opera, quante volte ci limitiamo a descrivere, senza minimamente affrontare il contenuto? - ha chiesto provocatoriamente il responsabile del dipartimento Arte e Fede del Pontificio Consiglio della Cultura, permettendoci di cogliere un nodo centrale della questione -. L’opera è di per sé parlante: tocca a noi, tuttavia, prestarle la voce. Per farlo, è necessario imparare ad attraversare il particolare iconografico, stilistico, tecnico, fino a coglierne la portata di significato».

Due giorni dopo, abbiamo avuto la possibilità di sperimentare questo metodo in presenza, mettendolo alla prova di una delle basiliche affrescate più belle del mondo, quella di san Francesco. Nel corso della visita, Marco Rossi, docente di Storia dell’Arte Medievale dell’ateneo e direttore della Summer School, insieme alla guida locale Francesco Vignaroli, ci ha accompagnato in quello che, con le parole del Santo Padre nell’enciclica Lumen Fidei al n. 30, può definirsi un «cammino dello sguardo, in cui gli occhi si abituano a vedere in profondità».

Così, abbiamo scoperto come il ciclo di affreschi, che paragona la vita di Francesco a quella di Cristo, testimoni la novità portata da Giotto: se, fino ad allora, solo le immagini sacre venivano rappresentate come segni del divino, nel ciclo assisiate la realtà intera è investita della capacità di parlare di Dio: tutto l'universo - dalla roccia intrisa di luce della Cappella della Maddalena alle lacrime dipinte sul volto delle clarisse piangenti la morte del Santo nel ciclo della Basilica Superiore -, tutto il creato canta la Gloria di Cristo. Ascoltando padre Luigi Marioli che, qualche giorno dopo, ci ha letto il Cantico delle Creature dandoci la possibilità di vedere anche il primo manoscritto che lo riporta, sorge il sospetto che non sia casuale che la rivoluzione giottesca sia avvenuta proprio sopra la tomba del patrono di Assisi.

Il pittore, dipingendo, aveva sete di conoscere: un desiderio che, inaspettatamente, affiora nelle opere degli artisti più diversi. Non si parla solo del magnifico Beato Angelico che, come ci spiega Alessandro Rovetta, docente di Storia dell’Arte Moderna e Storia della Critica d’Arte, affresca il Convento di San Marco a Firenze allo scopo di “contemplari et contemplata aliis tradere” (contemplare e comunicare agli altri le realtà contemplate, come recita il motto dell’Ordine domenicano); ma anche di artisti contemporanei che quest’anno, provocati da una proposta del Vaticano, hanno scelto di confrontarsi sul tema In principio, titolo del primo padiglione della Città del Vaticano alla Biennale di Venezia. Una domanda, quella sull'origine di se stessi e del mondo, che è anche la scaturigine del film capolavoro di Terrence Malick, The tree of life, alla cui bellezza sconcertante abbiamo dedicato una serata.

Micol Forti, direttrice della Collezione d’Arte Contemporanea dei Musei Vaticani, ha sorpreso tutti quando ha raccontato di come il Vaticano si sia proposto alla Biennale, rifacendosi così coraggiosamente committente. Dopo l'audace decisione di Paolo VI di dar vita alla Collezione d’Arte Contemporanea dei Musei vaticani (1973), non c'erano state altre azioni forti in questa direzione, anche se l'appello dei pontefici agli artisti non era mai venuto meno. Da papa Montini che, nel 1965, nel messaggio di chiusura del Concilio dedicato agli artisti, disse loro che il «mondo nel quale viviamo ha bisogno di bellezza per non sprofondare nella disperazione», fino a Benedetto XVI che, riaffermando con forza il binomio bellezza-speranza nel suo incontro con gli artisti nel 2009, li definì “custodi della bellezza”, chiedendo loro di essere «grati dei doni ricevuti e pienamente consapevoli della grande responsabilità di comunicare la bellezza, di far comunicare nella bellezza e attraverso la bellezza».

In chi si aspettava più che altro un corso di arte medievale, è sorto allora il desiderio di capire di più, di saperne di più dell'arte contemporanea: per farlo, ha sottolineato il direttore dell’Associazione Giovanni Testori Davide dall'Ombra, occorre innanzitutto addentrarvisi senza paura. Ecco perché ci siamo sentiti “partecipanti” nel senso letterale del termine. Ci siamo fatti parte del corso, perché non si è trattato, in alcun caso, di lezioni frontali tout court ma, al contrario, di un lavoro comune che ha aperto numerosi spunti di riflessione e approfondimento, che potranno essere svolti e portati avanti nei diversi contesti di provenienza. In pochi eravamo veri e propri studiosi; tutti, però, siamo stati coinvolti da quello che qualcuno ha definito «un approccio positivo sotto tutti gli aspetti», e dalla scoperta incredula che, quando non perde di vista l’oggetto ultimo di ogni conoscenza - la verità -, lo specialismo non settorializza ma, al contrario, apre alla comprensione di tutto il resto.