Se a Brescia europei orientali, africani ed asiatici detengono la consistenza percentuale della popolazione immigrata, il gruppo con la maggiore predisposizione all’impresa è quello dei cinesi, che per numero di imprenditori superano la triade costituita da romeni, marocchini ed albanesi. Secondo l’atlante geografico e sociale dell’imprenditoria gestita dagli immigrati in provincia di Brescia - che raccoglie nel volume “Gli imprenditori stranieri in Provincia di Brescia” gli esiti dell’indagine condotta nell’ambito delle attività laboratoriali del master di primo livello per “Operatori del dialogo interculturale presso istituzioni pubbliche e private” - le attività più praticate dall’imprenditoria immigrata nel Bresciano sono il commercio, le costruzioni e la produzione manifatturiera, che da sole comprendono i sette decimi degli addetti. I commercianti cinesi, senegalesi e marocchini da una parte e muratori romeni e albanesi dall’altra sono i due principali aspetti dell’attività straniera. Il commercio e la professione di muratore, fattorino, gestore di bar e pizzerie risultano gli sbocchi professionali più accessibili per persone prive di professionalità o con istruzione elevata ma non spendibile nel mercato lavorativo italiano.

«L’elemento che salta subito all’occhio - spiega Massimo Ziletti della Camera di Commercio di Brescia - è che, a differenza di quella locale, l’imprenditoria straniera a Brescia e provincia non conosce la parola crisi. Le imprese straniere, inoltre, partono dal basso e sono strutturate in modo più semplice rispetto alle nostre. Il 64% degli imprenditori stranieri ha tra i 30 e i 50 anni, ma il 10% ha meno di 30 anni e uno su 4 è donna: questi sono fatti in assoluta controtendenza rispetto al panorama italiano e occidentale. L’imprenditoria straniera nasce con i ricongiungimenti familiari: sono gli stessi membri della famiglia che, una volta giunti in Italia, diventano collaboratori dell’imprenditore. Il tempo che intercorre tra l’insediamento dello straniero e la nascita dell’attività è molto veloce; quest’ultima, inoltre, è caratterizzata da una forte impronta etnica. Infine, le maggiori difficoltà incontrate dagli imprenditori stranieri sono relativi all’accesso al credito, alle conoscenze amministrative e alle associazioni di categoria».


 

 


L’atlante mette in luce altre caratteristiche interessanti dell’imprenditoria straniera a Brescia. Mentre per alcune nazionalità, come quella filippina, l’acquisizione del reddito passa quasi esclusivamente attraverso l’offerta di manodopera come dipendente, per altre, come i cinesi e, in parte, gli egiziani, i tunisini ed i sud-americani, il progetto migratorio si prefigge fin dall’inizio il raggiungimento del successo attraverso un’attività indipendente in cui spesso si realizza una vocazione tipica del gruppo etnico di appartenenza, come il commercio. Altre volte, infine, per persone che giungono in Italia con un modesto titolo di studio o con limitate esperienze professionali, l’iscrizione al Registro Imprese della Camera di Commercio può rappresentare una scorciatoia nell’iter burocratico per l’ottenimento del permesso di soggiorno, cui non sempre fa seguito un percorso lavorativo di successo.

In molti casi gli immigrati intraprendono professioni abbandonate dagli italiani, per cui l’imprenditoria straniera da un lato copre vuoti di mercato difficilmente colmabili dalla forza lavoro bresciana, dall’altro rivolge la propria offerta non solo ai connazionali, ma anche alla popolazione locale. La precarietà di molte imprese corrisponde a un progetto migratorio a termine in cui l’immigrato, appena giunto in Italia, già programma un limite di permanenza e si pone come obiettivo l’accumulo di capitale sufficiente a fare rientro in patria. Sono tuttavia presenti anche esperienze di successo, destinate a durare nel tempo, che rappresentano il lato economico di un’integrazione in fase di lenta attuazione. Queste aziende spesso risultano le più regolari dal punto di vista normativo e contributivo e si amalgamano bene con le altre imprese italiane.

Con le sue 150 figure, “Gli imprenditori stranieri in Provincia di Brescia” assume l’aspetto di un atlante geografico e sociale nel quale figurano tutti i lavoratori autonomi immigrati regolarmente registrati presso la Camera di Commercio della provincia di Brescia; il valore aggiunto della cartografia rende inoltre visibile il complesso provinciale dell’oggetto di studio e consente correlazioni tra fattori geografici locali e presenza straniera tra le attività di impresa. Il volume è composto da tre parti: la prima, analitica, esamina i dati della Camera di Commercio su 7.954 imprenditori stranieri; la seconda, invece, è un lavoro di ricerca sul campo compiuto dagli studenti del master; la terza, infine, è una parte documentativa. Riferendoci ai soli immigrati regolari, in Italia gli stranieri sono ormai circa 4 milioni, pari al 6,5% della popolazione. In Lombardia, il 1° gennaio 2009 risultavano residenti 904.816 cittadini stranieri, pari al 9,3% della popolazione totale; a Brescia gli immigrati sono 149.753.

 «Questi numeri - ha affermato il professor Guido Lucarno - confermano che la nostra regione continua a rimanere uno dei poli privilegiati dell’immigrazione nel Paese in virtù soprattutto della maggiore offerta di posti di lavoro. Al di là dei dati, la parte più importante del volume è sicuramente quella relativa al lavoro degli studenti, i quali - con pazienza - hanno acquisito la fiducia dagli intervistati, operazione non sempre di facile attuazione. Obiettivo dei colloqui era delineare i caratteri salienti di alcuni gruppi di immigrati, il loro progetto migratorio, il grado di integrazione nella società ospitante, il livello di contatti che vengono mantenuti all’interno delle singole comunità o tra l’individuo e la madrepatria, sia a livello collettivo che di singolo imprenditore, raccogliendo storie e vicende personali che rappresentano un campione significativo del percorso lavorativo dello straniero che desidera condurre un’attività in proprio».

«Gli studenti del master – ha proseguito il professor Lucarno - si sono confrontati con esperienze di grande umanità: dalle interviste, infatti, è emersa la vita degli immigrati e, soprattutto, la speranza comune a tutti, ovvero partecipare alla vita produttiva nazionale. Essere imprenditori significa essere protagonisti. Entrare a far parte anche della realtà normativa e fiscale del Paese ospitante è una prova impegnativa, ma è comunque un test tecnico di integrazione. La regolarizzazione della propria impresa rappresenta, infatti, oltre che una necessità, anche un atto di riconoscimento della sovranità del Paese che sta accogliendo lo straniero e del suo sistema normativo. L’accettazione e l’osservanza delle leggi possono assumere quindi un significato che va oltre la mera contingenza, ma possono significare la volontà di integrarsi nello Stato che li accoglie, il primo passo verso una futura acquisizione della cittadinanza, la scelta di appartenenza a una nuova nazione. La buona riuscita dell’impresa corrisponde quindi al successo dell’integrazione della persona».