Venerdì 19 ottobre. In Italia sono le 14. Un’autobomba sventra il cuore di Beirut. Poco prima, padre Mounir Khairallah, 59 anni, da poco vescovo della diocesi libanese di Batroun e tessitore delle relazioni internazionali del Patriarca della Chiesa maronita, parla, nella sua lingua nativa, agli studenti del corso di arabo della laurea magistrale in Scienze linguistiche, indirizzo relazioni internazionali. Una lezione speciale, che unisce l’affinamento delle competenze linguistiche all’approfondimento delle questioni geopolitiche, storiche ed economiche di una regione in cui si sembrerebbe inevitabile lo scontro di civiltà. Eppure il Libano, come spiega padre Mounir richiamando la recente visita di Benedetto XVI, è stato per secoli un modello di incontro e di dialogo tra religioni ed etnie diverse, e, dopo trent’anni anni di guerre combattute sul suo suolo per conto di forze esogene, di cui l’attentato di Sassine Square sembra una terribile propaggine, vuole tornare a vivere in pace, dimostrando che la convivenza è possibile.

Il professor Camille Eid, giornalista libanese di “Avvenire”, amico fraterno del vescovo di Batroun, prepara gli studenti alla lezione. Risuonano, nell’aula di via Sant’Agnese, suoni gutturali e intonazioni esotiche, ma anche questioni di fondo, che poi, all’arrivo del vescovo maronita, si trasformano in domande pertinenti e non prone al politicamente corretto. I ragazzi del corso studiano non solo una lingua che può aprire frontiere professionali nuove, ma anche una cultura molto distante dalla nostra. Molti di loro sono arrivati da università e città di tutta Italia per seguire la laurea magistrale della Cattolica.

Dalle domande di Lisa, Laura, Silvia, Riccardo, Silvia, Eleonora, Giuseppe, Riccardo, Arianna, Laura, Riccardo, Michela, Mariateresa, Giulia e Olga, si capisce che non metteranno nel loro curriculum solo le competenze linguistiche e storico-politiche, ma anche l’attenzione alle ragioni della pace e della giustizia. In un’ideale sintonia con i giovani libanesi che hanno accolto il Santo Padre, in uno degli incontri più toccanti dell’intera visita. «Giovani libanesi – ha detto loro Benedetto XVI il 15 settembre - voi siete la speranza e il futuro del vostro Paese. Voi siete il Libano, terra di accoglienza, di convivenza». E, rivolto ai giovani musulmani presenti all’incontro, per la prima volta con alcune espressioni in arabo: «Voi siete con i giovani cristiani il futuro di questo meraviglioso Paese e dell’insieme del Medio Oriente. Cercate di costruirlo insieme! E quando sarete adulti, continuate a vivere la concordia nell’unità con i cristiani. Poiché la bellezza del Libano si trova in questa bella simbiosi. Bisogna che l’intero Medio Oriente, guardando voi, comprenda che i musulmani e i cristiani, l’Islam e il Cristianesimo, possono vivere insieme senza odio, nel rispetto del credo di ciascuno, per costruire insieme una società libera e umana».

Così, nell’aula, sembra di vedere un ponte protendersi verso oriente: il vescovo maronita offre raffinate analisi geopolitiche ma anche racconti in presa diretta della situazione del Medio Oriente; gli studenti italiani si lasciano coinvolgere dalla testimonianza di un uomo che da bambino ha perso entrambi i genitori per mano di un fondamentalista islamico, ma ha saputo maturare, nel corso della sua vita, la forza liberante del perdono, consapevole, come ha chiesto il Papa, che è possibile vincere il male con il bene. È l’unica strada per vivere insieme, tra diversi, in uno stesso posto.

Un racconto chiude la lezione speciale di un corso speciale. Stavolta in italiano, dato che padre Mounir tra le tante lingue parlate, frequenta anche la nostra. Si può ascoltare dalle sue dirette parole nel video pubblicato qui sotto. Parla di una comunità cristiana cha ha accolto, nel 2006, per 33 giorni, nelle proprie case, gente del sud del Libano, musulmani sciiti scappati alle bombe israeliane contro gli Hezbollah. Un’esperienza intensa di testimonianza della carità del Vangelo e di incontro tra le persone che ha generato amicizia e gratitudine, fino al punto che, nel restituire la visita, la gente di Touline ha chiesto al vescovo cristiano di benedire tutte le case. Una pagina che spiega, molto meglio delle parole della teologia o dei discorsi degli esperti, perché cristiani e musulmani possono vivere insieme.