Se l’inchiesta è la più nobile forma di giornalismo, la video-inchiesta è la sublimazione contemporanea del quarto potere. In Italia però i professionisti dediti all’investigative journalism non superano di molto la decina e le trasmissioni che ospitano i loro lavori si contano sulle dita di una mano. Proprio per colmare questo vuoto, Almed organizza da cinque anni una Winter School dedicata al reportage investigativo e d’approfondimento. Il corso, frutto di una collaborazione con il Premio Ilaria Alpi,  punta alla formazione di nuove leve di reporter televisivi. Le precedenti edizioni hanno visto la partecipazione dei principali professionisti italiani del settore, e in particolare, della squadra di Report al completo. Dall’anno scorso, si è scelto invece di dare più spazio agli ospiti stranieri, per aprire un confronto con le più mature esperienze degli altri Paesi europei.

La quinta edizione della Winter School (18-21 febbraio) è iniziata con una lezione di Erik Gandini, documentarista italiano, naturalizzato svedese. Gandini, premiato nel 2003 per il film “Surplus” e famoso in tutto il mondo per lavori come “Sacrificio” e “Videocracy”, ha spiegato l’importanza di emozionare attraverso le immagini. «Ci sono storie universali intrinsecamente capaci di comunicare: basta riprenderle e mostrale, per arrivare al pubblico. Altri soggetti invece sono più sfuggenti: per farli conoscere serve un punto di vista soggettivo, spesso affidato ad un montaggio personale».

La grammatica del video giornalismo è stata al centro dell’intervento di Udo Gümpel, corrispondente dall’Italia per la rete tedesca Ntv. Mettendo a confronto servizi televisivi stranieri e italiani, Gümpel ha mostrato la differenza tra i lavori in cui immagini cinematografiche diventano parte integrante della narrazione e quelli in cui inquadrature - più o meno corrette - si limitano a coprire una voce narrante. La conclusione: non è automatico che una buona inchiesta scritta si trasformi in un efficace prodotto tv.

E se non basta una telecamera per diventare video-giornalisti, è vero anche che non è sufficiente un tesserino a fare un buon reporter. Lo testimonia l’esperienza di Giorgio Fornoni, commercialista bergamasco, con la passione per i viaggi e per le storie di denuncia. Dopo anni di anonimato, Milena Gabanelli ha notato i suoi reportage e lo ha voluto nella squadra di Report. Oggi, Fornoni è giornalista honoris causa.

Non tutti però sono dei fuoriclasse. Il mestiere si può imparare, partendo dalle basi: dall’inchiesta scritta. Così Andrea Purgatori, per anni inviato de Il Corriere della Sera e autore di importanti pezzi di giornalismo investigativo sul caso Moro e sulla strage di Ustica, ha illustrato passo passo come si procede in un’indagine: dalla ricerca delle fonti, fino alla pubblicazione. L’ultima giornata di Winter School è stata dedicata a Report, il più longevo programma italiano di giornalismo d’inchiesta. Sabrina Giannini ha smontato il suo miglior lavoro, “Schiavi del lusso”, per mostrare un modus operandi che trova il proprio cardine nella ricerca e nella verifica. Alberto Nerazzini ha fatto lo stesso con il suo “La divina provvidenza” e ha concluso il corso con queste parole: «Il linguaggio di Report è meravigliosamente e schifosamente povero. Per alcuni è sinonimo di verità. Per me è la spia di una mancanza: quella della narrazione. Voi dovrete cercare di sposare la narrazione e l’inchiesta».