di Helmut Kohl
Magnifico Rettore, Eminenze, Autorità, Professori, studenti, è per me un grande onore essere insignito, qui, da Voi, con questo alto riconoscimento e sono molto lieto di reincontrare molti compagni di strada e molti amici. È veramente un grande onore, ma ancor di più un enorme piacere, una grande gioia, essere insignito con questo riconoscimento dall’Università Cattolica di Milano. Un grazie di cuore a tutti Voi, in particolare al Rettore, professor Ornaghi, al Preside, professor Quadrio Curzio, ai componenti del Senato accademico.
Voglio iniziare dicendo agli studenti riuniti in questa sala che nella vita è importante che Voi facciate il Vostro dovere: in questo modo riuscirete magari a raggiungere delle cose che nemmeno immaginavate; altre cose, è vero, non riuscirete a raggiungerle; che ne consegua poi per forza una laurea ad honorem, questo non è sempre detto. Così facendo troveremo dei compagni di percorso che ci aiuteranno e che noi aiuteremo.
Tra questi non possiamo dimenticare coloro che sono stati prima di noi e che ci hanno aiutato: questo è il messaggio più importante che voglio lasciare agli studenti presenti in questa sala.
Questo tempo che sto trascorrendo con Voi a Milano è per me veramente fonte di grande gioia. Ieri, quando sono arrivato a Milano, ho approfittato del poco tempo che avevo a disposizione per fare un giro per la città: alla vista del Duomo, ho cominciato a riflettere, a pensare a tutte le persone che hanno pregato in questo Duomo, a tutti coloro che hanno costruito questo Duomo, che si sono mossi nei dintorni del Duomo. Ho pensato alla storia del Duomo di Milano, alla storia della stessa Milano, dell’Italia e dell’Europa, a tutti coloro che hanno vissuto questo movimento storico: questi appunto voglio ringraziare.
Quando parlo dell’Europa devo dire che qui, a Milano, ci troviamo proprio nel luogo dell’ispirazione europea, qui possiamo respirare l’Europa, qui abbiamo la percezione fisica dell’Europa, e questo è un altro motivo per cui sono molto contento del fatto che questa cerimonia abbia luogo proprio qui, a Milano. Chiunque sia alla ricerca dell’identità dell’Europa deve soltanto dare un’occhiata a questa città e anche a tutta l’Italia; basta venire in Italia per riconoscere subito l’eredità culturale e spirituale del Cristianesimo e dell’antichità.
Il ruolo dell’Italia nell’edificazione della casa europea è ben noto nella storia; già nel 1951, anno in cui venne fondata la Comunità europea del carbone e dell’acciaio, l’Italia era presente.
Erano trascorsi appena sette anni dalla la fine della guerra. Sette anni, dal punto di vista storico, non sono nulla; ma queste persone avevano un desiderio che le accomunava: mai più guerra.
Winston Churchill, già nel settembre del ’46, nel corso suo famoso discorso a Zurigo rivolto ai Tedeschi e ai Francesi, ricordava come sia importante imparare dalla storia. Questo suo pensiero è stato poi portato avanti da Eidenauer e da Schuman, che hanno posto i preliminari per la riconciliazione franco-tedesca. Accanto a loro Alcide De Gasperi, che si impegnò con decisione per l’edificazione della Casa Europa. Alcide De Gasperi era un appassionato europeo e, come Churchill, sapeva che questa era la via per il futuro, ma sapeva anche che per raggiungere il futuro era necessario eliminare molte inimicizie: “Per l’unificazione dell’Europa – così De Gasperi - è necessario distruggere, più che costruire; dobbiamo distruggere un mondo di pregiudizi, un mondo di pusillanimità e di rancore.”
Questa è una citazione che deve essere letta e riletta. Ci dice, infatti, che dobbiamo distruggere qualcosa, e ci dice che cosa dobbiamo distruggere; la storia dell’Europa degli ultimi trecento anni è una storia gravida di rancori, di atteggiamenti miopi, egoistici: ecco perché, secondo me, dovremmo rileggere quotidianamente queste parole, ancora oggi, nella situazione attuale di politica europea, e anche alla luce dell’ampliamento dell’Europa: dobbiamo distruggere un mondo di pregiudizi, di pusillanimità e di rancore.
Anche l’Italia fu tra i sottoscrittori del Trattato di Roma del 1957, che portò alla creazione della Comunità Economica Europea, la Cee, che esprimeva con determinazione la volontà di creare le basi per una più stretta Comunità Europea.
A quel tempo la Cee contava soltanto sei Stati membri. Oggi, poco meno di mezzo secolo più tardi, l’Unione Europea conta quindici Stati membri. E nel 2004 il numero dei membri, rispetto al 1957, sarà più che quadruplicato. Ritengo che questo sia un risultato incredibile!