Alessandro NegriQuando nel lavoro la passione è tutto, non c’è difficoltà che tenga. E poco importa se il percorso è in salita, l’importante è prendere il ritmo. Lo sa bene Alessandro Negri (nella foto a lato). Laureato in Economia e gestione dei beni culturali e dello spettacolo in Cattolica, da qualche tempo bazzica le vie del teatro e, nonostante la fatica e i conti a fine mese, lui il suo lavoro non lo cambierebbe con nessun’altro.

Nel momento di iscriversi all’università, nel 2008, la scelta era ricaduta su un percorso che potesse offrirgli degli sbocchi professionali senza dover rinunciare alla sua sete di cultura, cinema e letteratura, soprattutto. «Sognavo – racconta - di scrivere e girare un film che avrebbe fatto nascere un nuovo movimento cinematografico con una sua poetica, un suo stile, una cosa da poco, semplice, banale e per niente presuntuosa», commenta ironicamente. Poi su tutto il trionfo del teatro.

Dopo un’esperienza a tutto tondo in una piccola realtà teatrale milanese come tecnico, assistente alla regia, promotore e organizzatore, è approdato nel mondo di Quelli di Grock, la cooperativa fondata nel 1974 da alcuni ex allievi della Scuola del Piccolo Teatro di Milano, che può definirsi già una delle compagnie “storiche” del panorama teatrale italiano.

Quelli di Grock basa la sua poetica su un modo di fare teatro che dà voce al corpo e al movimento e oltre a gestire a Milano il Teatro Leonardo - di cui cura la direzione artistica e organizzativa - conduce attività formativa con un percorso d’eccellenza.

Alessandro Negri nel "suo" teatro con amici e colleghiAlessandro è partito da lì. Dopo cinque mesi di stage nell’ufficio organizzazione della scuola, è stato assunto per portare avanti un progetto avviato insieme alla direttrice della scuola Daniela Quarta. «Si trattava di un piano teso a migliorare la qualità del servizio offerto agli allievi e a far conoscere la potenza del teatro anche a chi non avrebbe mai pensato che potesse entrare nella propria vita, con risvolti sorprendenti e stupefacenti».

Infine, la proposta di occuparsi, parallelamente, della distribuzione degli spettacoli della compagnia, per assumersene poi la piena responsabilità a gennaio scorso. Chi è incaricato della distribuzione, spiega Alessandro, ha il compito di proporre le produzioni artistiche e vendere gli spettacoli a svariate realtà, sia del circuito nazionale che regionale, dal teatro nazionale fino a quello parrocchiale, per intenderci. Ma non solo. C’è la costruzione della tournée vera e propria, tappa per tappa, l’organizzazione degli spostamenti della compagnia, la predisposizione dell’accoglienza del personale. Per ogni piazza bisogna assicurarsi che sia disponibile tutto il necessario per la messinscena.

I momenti duri non sono mancati, soprattutto all’inizio: «La burocrazia, le telefonate, gli imprevisti, le richieste, i contratti, arrivava tutto insieme, correva e non mi aspettava, o andavo allo stesso ritmo e riuscivo a stare dietro a tutto o dovevo scendere dal treno in corsa». Ma, con pazienza e abnegazione, passando anche attraverso qualche piccolo errore, ha sviluppato un metodo di lavoro che gli permette ora di affrontare con serenità tutti gli impegni e le esigenze. La sfida quotidiana da non perdere di vista è quella di  riuscire a portare in ogni città un prodotto artistico di grande qualità e che sa avvicinare i giovani al teatro: «Al giorno d’oggi, è un grande successo».

Le sue gratificazioni più grandi passano attraverso la soddisfazione degli attori e del regista. Non lo nasconde: il vero motore del suo lavoro è il sorriso degli attori esausti al termine di ogni spettacolo dopo minuti di applausi insieme all’apprezzamento del pubblico che esce dalla sala entusiasta.

Sul fatto che la passione sia l’unica cosa che conti veramente per intraprendere la strada del teatro non ha dubbi. «Senza, sarebbe impossibile fare i sacrifici e tenere i ritmi che il teatro impone senza avere un ritorno economico che in altri ambienti sarebbe assicurato». Soprattutto oggi che il sistema teatrale italiano sta vivendo un momento di grande trasformazione per la recente riforma del Fondo unico per lo spettacolo, voluta dal ministero sui finanziamenti con progettualità triennale.

Al di là dei tagli, la sua speranza è comunque che questa riforma porti anche spinte positive come il ricambio generazionale. E chissà che non si aprano per Alessandro prospettive interessanti per soddisfare anche il lato artistico, che sia fare una regia, scrivere una drammaturgia o andare in scena in prima persona. Di una cosa è certo, nel suo futuro ci sarà ancora il teatro perché, parafrasando Giorgio Strehler, sa e non sa perché lo faccia il teatro ma sa che deve farlo, che deve e vuole farlo facendo entrare nel teatro tutto se stesso, con quello che è e pensa di essere e quello che pensa e crede sia vita.