Eugenio Sangiorgi, ricercatore dell’Istituto di Genetica medica dell’Università Cattolica di Roma, diretto dal professor Giovanni Neri, è tra i vincitori del prestigioso Premio Guido Berlucchi riservato ai giovani ricercatori che hanno pubblicato rilevanti studi in campo oncologico. La pubblicazione scientifica di Sangiorgi, scelta tra le 86 pervenute ed esaminate dal comitato tecnico scientifico della Fondazione Berlucchi, è intitolata “Bmi1 is expressed in vivo in intestinal stem cells” (Sangiorgi E, Capecchi Mr, Nature Genetics 2008 Jul; 40(7):915-20).

La cerimonia di conferimento dei premi, che avverrà lunedì 7 giugno nella sede della Fondazione Berlucchi, presieduta da Francesco Carpani Glisenti, a Borgonato di Corte Franca (Bs), conferma l’alto livello degli studi condotti da giovani e brillanti ricercatori italiani. Il premio rappresenta un significativo riconoscimento per Sangiorgi, che rientrato in Italia nel 2008 ha ripreso a svolgere con grande passione la sua attività di studio e ricerca presso i laboratori dell’Istituto di Genetica medica della Cattolica di Roma e a tutta la scuola di genetica dell’ateneo del Sacro Cuore.

«Questa pubblicazione è il frutto di un progetto iniziato durante il post-doctoral fellowship che ho effettuato nel laboratorio di Mario Capecchi, Nobel per la Medicina 2007 presso la University of Utah a Salt Lake City, dal 2001 al 2008», spiega Sangiorgi. «Obiettivo del progetto – continua il genetista della Cattolica - era quello di utilizzare un sistema in vivo, nel topo, per identificare cellule che presentassero le caratteristiche delle cellule staminali. Questo sistema “utilizza” le proprietà di un gene, Bmi1, che viene espresso in alcune cellule staminali. Abbiamo deciso di valutare se questo gene potesse essere utilizzato per studiare anche altre popolazioni di cellule staminali. Grazie a questo sistema abbiamo identificato una popolazione di cellule che presentavano caratteristiche di staminalità nell’intestino tenue e siamo riusciti a osservare come da una singola cellula intestinale staminale vengano progressivamente sostituite tutte le cellule intestinali adiacenti. Ciò ci ha permesso non solo di visualizzare queste cellule, ma anche di poter analizzare direttamente la suscettibilità di queste cellule staminali ai tumori. In particolare abbiamo attivato un gene, che è responsabile normalmente dei tumori del colon nell’uomo, all’interno delle cellule staminali e abbiamo osservato in circa 20 giorni la comparsa di lesioni tumorali all’interno dell’intestino. Questo esperimento dimostra come le cellule staminali intestinali siano verosimilmente le cellule di origine da cui si sviluppano i tumori intestinali. L’ultimo esperimento pubblicato in questo articolo dimostra come la semplice eliminazione di queste cellule porta non solo all’eliminazione, ma alla perdita di un tratto di cellule adiacenti, indicando che il ruolo è insostituibile nel mantenimento dell’integrità strutturale dell’intestino».