Le patologie gastro-epatologiche hanno notevole impatto clinico. E gli studi degli ultimi anni hanno modificato l'approccio e il management di molte di esse, con conseguenti cambiamenti e innovazioni che si riflettono costantemente nella pratica clinica. Per questo l’Associazione Italiana per lo Studio del Fegato (Aisf) e l’Università Cattolica di Roma, hanno promosso Gastro Day 2010, due giornate gastro–epatologiche il 15 e il 16 dicembre presso l’Aula Brasca del Policlinico Gemelli, strutturate in 4 sessioni monotematiche sulle più recenti acquisizioni in tema di epatocarcinoma, trapianto di fegato, ibd, ibs e microbiota intestinale, volte a descrivere lo stato dell'arte delle principali problematiche.

Antonio Gasbarrini«Il convegno Gastro Days – spiega il professor Antonio Gasbarrini - presenta le principali novità per quanto riguarda la gestione diagnostica e terapeutica dei tumori primitivi del fegato. E illustra l’attività del Policlinico Gemelli che attraverso il Gruppo Interdisciplinare HepatoCatt composto da epatologi, chirurghi, radiologi, radioterapisti e patologi ha studiato negli ultimi 2 anni oltre 450 nuovi casi di epatocarcinoma del fegato creando una delle più importanti casistiche italiane. In tali pazienti, utilizzando tutte le tecniche più avanzate di diagnosi e terapia, si sono ottenuti eccellenti risultati sia in termini di qualità di vita che di sopravvivenza». «La strategia del gruppo HepatoCatt – conclude Gasbarrini - è stata quella della personalizzazione delle terapie in base alle esigenze di ogni singolo paziente; cioè settimanalmente, partendo da linee guida internazionali si sono disegnate terapie individuali condivise da tutto il gruppo».

L’epatocarcinoma – al centro della prima sessione - rappresenta la quinta neoplasia per frequenza al mondo e la terza causa di morte per tumore, contando più di 600.000 nuovi casi l’anno. Nonostante la distribuzione geografica di questa patologia sia disomogenea e prevalente nei continenti orientali, del sud-est asiatico e dell’Africa sub-sahariana, l’incidenza negli Stati Uniti e nei Paesi Occidentali appare in aumento negli ultimi anni, in correlazione con le conseguenze a lungo termine dell’infezione da virus dell’epatite C e con il miglioramento delle procedure diagnostiche. L’epatocarcinoma è perciò una neoplasia da diagnosticare precocemente e da trattare in maniera altrettanto tempestiva e, soprattutto, specifica ed adeguata alle caratteristiche individuali del singolo paziente, per poter prevenire o, almeno, ritardare una prospettiva futura per la maggior parte dei casi certamente infausta.  La seconda sessione ha centrato le sue attenzioni su trapianto di fegato, la pratica clinica e i relativi problemi emergenti.

«La malattia epatica in fase terminale rappresenta un gravoso problema in termini di morbilità e mortalità, oltre che la principale indicazione per trapianto di fegato - spiega il professor Gasbarrini -. Nel mondo, sono  numerosi i centri trapiantologici che si occupano della gestione clinica e chirurgica dei pazienti che vengono sottoposti a questa procedura e anche in Italia trapianto di fegato è una realtà consolidata, seppur con il limite dell’esiguità delle donazioni. L’educazione civica all’importanza e al significato profondo della donazione degli organi è ormai un tema sempre più caldo ed attuale, ed una gestione  di  massima “economizzazione” delle risorse né è l’aspetto fondamentale. Si cerca, quindi, di selezionare adeguatamente i pazienti che possano trarre il maggior beneficio  dal ricevere un nuovo organo, si discute sull’eticità del trapianto nei soggetti che andranno incontro ad una recidiva di malattia sicura, come i pazienti con epatite C, in un continuo equilibrio tra rischi, benefici ed utilità per l’intera comunità.  Ad oggi, nel nostro Paese sono attivi 23 Centri Trapianti che eseguono ormai più di 1000 trapianti per anno con un trend in crescita negli ultimi anni, pur incontrando le difficoltà suddette. Il trend si e’ purtroppo interrotto nel 2010 per una riduzione di circa il 10% delle donazioni. In particolare, se durante il 2009 la regione Lazio aveva contribuito in maniera fertile all’attività trapiantologica nazionale, realizzando un totale di 114 trapianti di fegato, con  un incremento di circa il 10% dell’attività dei suoi 5 centri, nel 2010 si e’ osservata una riduzione di circa il 10% dell’attivita trapiantologica di fegato rispetto all’anno precedente causata da un decremento delle donazioni d’organo. La sensibilizzazione alle donazioni deve essere svolta in modo continuativo e con strumenti informativi adeguati».

«Nel futuro – conclude Antonio Gasbarrini  - le nuove terapie antivirali e di supporto e le procedure “ponte” per i pazienti neoplastici e non destinati al trapianto permetteranno di migliorare la gestione di questa importante risorsa, riuscendo inoltre a garantire il suo migliore impiego con un matching ottimale tra donatore e ricevente».