8 agosto1991: la nave “Vlora”, proveniente dall’Albania, attracca in Puglia con ventimila anime assetate di libertà e riscatto sociale. Era la nascita di un flusso migratorio che esplodeva a seguito della caduta di un regime che aveva reso il “paese delle aquile” lo Stato più povero del mondo. Ricordando quel viaggio della speranza che ha segnato una svolta nella storia di questo popolo, largo Gemelli ha ospitato all’inizio del mese scorso una delle iniziative promosse da Acli, Ipsia e associazione Illyricum per analizzare “Vent’anni di immigrazione albanese in Italia”.

Secondo Mirela Gjyshja, presidente di Illyricum, associazione che si prefigge di valorizzare e promuovere la cultura albanese in Italia, «dopo due decenni di immigrazione e di convivenza oggi in Italia risiedono 420mila albanesi. La gente comune comincia a non avere più pregiudizi così forti nei nostri confronti. Prima eravamo ricordati come protagonisti delle cronache nere. Oggi la nostra voglia di lavorare ci sta premiando». L’immigrazione, secondo Gjyshja, deve essere vista come una risorsa: «Il fatto che ora gli albanesi potranno circolare liberamente nei Paesi aderenti a Schengen darà il “la” a un ulteriore sviluppo della nostra nazione».

Antonio Russo, responsabile Area immigrazione Acli, ha esposto alcune proposte per migliorare la situazione degli immigrati in Italia: «Vorremmo che la legge 91 del 1992 cambiasse. Questa legge dispone, in maniera insensata, che i figli di stranieri nati in Italia acquisiscano la cittadinanza solo al compimento della maggiore età. Proporremo che questi ragazzi nati sul nostro suolo vengano automaticamente dichiarati italiani e che gli stranieri residenti in Italia possano prendere parte all’elettorato attivo e passivo». Altre innovazioni possibili: «Vogliamo chiedere – ha continuato Russo – speciali permessi di soggiorno per gli studi scientifici, affinché sia riconosciuta una proroga per chi perde il lavoro; inoltre vorremmo fossero introdotte politiche più oculate per il ricongiungimento famigliare».

Sulla mutazione nel tempo della visione dell’immigrato albanese “medio” e di come sia evoluta, nelle sue connotazioni, la tipologia di immigrazione, hanno concordato tutti gli ospiti. I crimini commessi da una minoranza di albanesi disonesti nell’arco degli anni hanno penalizzato la maggioranza di coloro che erano giunti in Italia per riscatto. La reazione di questa maggioranza al muro di pregiudizi accresciuti è stata una forma di invisibilità sociale, contraddistinta da numerosi sacrifici. Uno sforzo che comincia a sciogliere nell’opinione pubblica italiana il connubio tra albanesi e criminalità. Secondo Benko Gjata, rappresentante della camera di commercio di Tirana e moderatore dell’incontro, «dal 2005 l’immigrazione dall’Albania verso l’Italia ha cambiato fisionomia ed è diventata una forma di ricongiungimento famigliare».

Tra gli ospiti dell’incontro, il presidente del Parlamento albanese, Jozefina Topalli che ha ringraziato l‘Unione Europea per aver dato la possibilità agli albanesi di circolare nei Paesi aderenti a Schengen senza visto. «Come si può sostenere di avere la libertà se non ci si può muovere dal proprio Paese?», ha affermato. La Topalli parla di “passi da gigante” compiuti dall’Albania: «La nostra storia prima, il regime poi, hanno impedito lo sviluppo economico della nostra nazione. Chi l’avrebbe mai detto che un giorno l’Albania avrebbe fatto parte della Nato? Oggi è così e, per la prima volta, ci sentiamo certi della nostra libertà. L’anno scorso la nostra crescita economica è stata dell’8%, le tasse sono minime, e c’è un aumento costante degli investimenti stranieri nel nostro Paese». L’intervento del presidente del parlamento albanese si è chiuso con una certezza e una speranza: «Chi viene nel nostro Paese può trovare le montagne della Svizzera e il mare di Capri. I turisti l’hanno capito e sono raddoppiati rispetto all’anno scorso». La presidente ha anche una parola per chi è andato via: «Voglio ringraziare gli albanesi che coraggiosamente, vent’anni fa, decisero di partire per l’Italia. Ci hanno aperto la strada con coraggio e tra mille difficoltà sono riusciti a darci lustro mettendo in mostra il loro spirito di sacrificio. Oggi ci sono ventimila imprese gestite da albanesi in Italia». Ora l’Albania punta decisa a diventare membro dell’Unione. Un altro battito d’ali delle aquile dei Balcani, verso la consacrazione a stato libero, sviluppato e autonomo.