Un percorso d'indagine di lungo periodo dalla «paideia» greca e romana sino alla creazione dell'Europa odierna, attraverso l'opera di civilizzazione della Chiesa e del cristianesimo. È questo il senso della tre giorni di studio che la sede della Cattolica e la Fondazione civiltà bresciana hanno dedicato alla storia dell’educazione a Brescia. Un percorso che non ha tralasciato di interrogarsi sul modello educativo dei popoli germanici, delle scuole monastiche e conventuali (per lungo tempo principale riferimento formativo), vescovili e rurali, fino a quelle di corte, per poi seguire l'impegno dei governi, di collegi (religiosi e laici) fino all'unità d'Italia.

Un contributo peculiare è venuto da alcuni settori particolari, come quello editoriale, dove, sin dalla seconda metà del '400, l'impegno degli stampatori bresciani - si pensi alla famiglia Britannico - ha rappresentato un'esperienza culturale, formativa e imprenditoriale di valenza internazionale, per poi consolidare una tradizione attraverso illustri operatori (Pavoni, Piamarta, Tovini, La Scuola, Morcelliana, Ancora...) la cui attività continua a essere straordinariamente viva.

Non è certo possibile sintetizzare i moltissimi stimoli, le novità e le riletture di una storia che - vista dalla prospettiva bresciana - in non pochi momenti è apparsa come una vicenda non meramente locale, in un gioco, anche, di influenze reciproche: ne abbiamo un esempio di straordinario interesse nel commento alla «Regula Benedicti» di Ildemaro di Corbie, il monaco franco che a metà del IX secolo fu chiamato dal vescovo Ramperto ad organizzare il nuovo cenobio di San Faustino di Brescia. Un testo denso di riferimenti alle cure educative riservate ai piccoli oblati che affollavano i grandi monasteri carolingi, da cui conosciamo il funzionamento, oltre che di San Faustino, anche di Santa Giulia di Brescia e di San Benedetto di Leno, e apprendiamo gran parte del pensiero educativo che, fino al Concilio Vaticano II, ha guidato la formazione religiosa all'interno di ordini e congregazioni. Ancora: l’attività oratoriana, l'educazione infantile (Montessori, sorelle Agazzi...), la promozione del mondo rurale e delle professioni, l'istruzione obbligatoria come strumento per l'unificazione del Paese sono altrettanti aspetti che hanno arricchito prospettive di lavori di grande suggestione.

Robertino Ghiringhelli, direttore del dipartimento di Storia moderna e contemporanea della Cattolica, che ha presieduto una sessione dei lavori dove si sono confrontati Alfredo Bonomi, Alfio Cortonesi e Mario Taccolini e altri studiosi - ha ad esempio osservato «come, sia pure con diversi accenti, i contributi» abbiano «presentato la centralità del binomio religione/educazione nel costruire la società che dal medioevo si avviava verso l'età moderna, ma anche il ruolo della donna nell'umanizzare la lettura e la scrittura, diventare di uso quotidiano e diffuso».

Osservazioni che anche Giuseppe Bertagna, dell'Università di Bergamo, presidente di un'altra sessione, ha rimarcato a proposito delle differenze tra l'educazione nobiliare e l'educazione di base - esemplificata dall'alfabetizzazione in area alpina e dall'istruzione religiosa di base assicurata dai parroci -, e di come la scelta delle scuole potesse rappresentare uno status symbol quando non addirittura una scelta ideologica. Un primo sommario bilancio è stato tratteggiato dalle conclusioni di Luciano Pazzaglia che ha mostrato, da un lato, la necessità di un approfondimento dei molti scenari dell'inedito quanto stimolante quadro d'insieme offerto dal convegno e, dall'altra, gli inattesi collegamenti che è stato possibile delineare in campo educativo, nella dialettica tra maestro e allievo, nei programmi formativi e nei metodi didattici nel corso dei secoli.

Nel tempo, gruppi sociali e società hanno mostrato e sostenuto modelli educativi non sempre convergenti, come conferma la ricca produzione storiografica che negli ultimi decenni è stata prodotta; anche i momenti di rottura, infatti, hanno rappresentato l'inizio di prospettive importanti e non meno rilevanti. Il tutto sempre nella chiave della «istoria loci» come «istoria mundi» che ha guidato l'intero convegno, cioè della centralità della vicenda bresciana per leggere in maniera più ampia la storia dell'educazione e della società europea dall'età tardo antica all'unificazione nazionale. Gli atti, attesi entro un anno, saranno oggetto di studio e di riflessione per rileggere una pagina non secondaria dello sviluppo della società odierna.