«Già tra i greci c'erano diversità di vedute sul significato del termine "democrazia". E non si sono risolte neppure oggi». Luciano Canfora, storico e filologo dell'Università di Bari, invitato il 10 maggio dall'Istituto di Filologia classica e di Papirologia dell'ateneo a parlare della "democrazia secondo Tucidide", va oltre quel periodo particolare, e ci offre un viaggio attraverso la storia ripercorrendo le vicende carsiche di un sistema politico che neanche nella società contemporanea può dirsi universale. Canfora ricorda come il termine nasca in maniera polemica da parte oligarchica per criticare una realtà violenta. «Il termine sparisce in epoca romana - spiega - per riaffiorare solo nel Rinascimento, quando, in una lettera, Erasmo commenta il fatto che Lutero faccia leggere la Bibbia in tedesco dicendo: "Ma questa è democratìa", intendendo un caos intollerabile». Nel periodo post-illuministico al termine in questione sono preferite parole come "repubblica", "nazione", "popolo". «Negli atti delle varie assemblee francesi la parola "democrazia" compare raramente». Per come la intendiamo oggi è un termine ottocentesco che indica la soggettività popolare in vista della rappresentanza, la delega e il rapporto difficile tra quest'ultima e il potere effettivo. «I rousseauiani ripetevano che "il popolo inglese il giorno dopo che ha votato ridiventa schiavo", la delega intesa come rinuncia a un potere che eserciti solo il giorno delle votazioni».

Il movimento democratico e socialista pensa di risolvere il problema puntando al suffragio universale (inizialmente solo maschile), ma la sorpresa è, che nel momento in cui si applica, non vince le elezioni. «Pensavano alla vittoria come a una logica conseguenza, mentre il quadro sociale era più complesso». Il punto allora diventa quello di conquistare una maggioranza parlamentare con accordi con altre forze e porta con sé «il problema di come eludere le difficoltà del suffragio universale con le leggi elettorali». Un problema di tremenda attualità se guardiamo al panorama politico italiano. «I due principali schieramenti sono arrivati praticamente pari e però il premio di maggioranza ha dato alla sinistra il triplo dei deputati della destra». Questa legge oltre ad essere ingiusta ha «determinato un comportamento parlamentare arrogante basato sulla convinzione di essere il triplo degli altri», mentre una sistema di tipo proporzionale avrebbe «imposto ai soggetti un comportamento più sensato e capace di tener conto dei veri rapporti di forza».

Oggi la tecnologia può cambiare la rappresentanza, ma la "democrazia diretta" o "liquida" di cui si parla è solo una scorciatoia: «Lo scontento per l'esistente determina l'idea che ci siano alternative immediate di facile attuazione, ma è un'illusione ottica». Perché chi usa effettivamente le nuove tecnologie è solo una porzione ridotta della società, «una vivacissima minoranza». È facile parlare male della qualità dei politici, ma è inutile dire che è colpa loro: «C'è un'inevitabile costruzione oligarchica che viene dal funzionamento stesso di un corpo sociale complesso come i partiti, scomparendo i quali abbiamo un'infinità di molecole allo sbando trascinate dai demagoghi». La democrazia quindi ha bisogno dei politici, dei partiti e anche di una certa segretezza o opacità. La trasparenza assoluta e lo streaming fanno parte dello spirito del tempo, ma sono anch'esse illusioni ottiche perché i rapporti di forza non vengono mai mostrati pubblicamente. «Kissinger diceva che per scrivere la storia del Novecento bisognerebbe bruciare gran parte della roba che sta negli archivi perché inutile, visto che le decisioni si prendevano per canali che non lasciavano traccia». Ma anche tornando indietro al tempo di Tucidide possiamo vedere che quando gli oligarchi dell'isola di Melo sotto assedio chiesero di parlare in privato «gli Ateniesi dissero loro la verità, lasciando perdere la propaganda». Se invece avessero chiesto una "diretta streaming", che allora poteva essere un'assemblea pubblica, «gli Ateniesi pubblicamente avrebbero fatto propaganda e in privato avrebbero detto la verità». Dimostrata la propria inefficacia, anche l'idolatria della vetrina passerà.