Colette Kitoga nei chiostri di largo Gemelli a Milano«Quando sono rientrata in Congo dall’Italia mi sentivo una straniera in patria. Avevo una mentalità diversa da quella della gente locale. E spesso mi chiedevo: perché ho deciso di studiare in Italia?». Parte da ricordi personali la testimonianza di Colette Kitoga Habanawema, medico congolese, laureata in Medicina e chirurgia alla Cattolica di Roma, ospite lo scorso 13 aprile della facoltà di Scienze politiche. «Diventare medico era un sogno coltivato da piccola - ha aggiunto -, dopo aver visto morire due fratellini per mancanza di cure e medicinali». Colette, per la seconda volta in cattedra in Cattolica (la prima era stata nel 2008), in un italiano perfetto racconta agli studenti del corso di Storia e istituzioni dell’Africa, tenuto da Beatrice Nicolini, la sua opera quotidiana a sostegno delle popolazioni traumatizzate dalla guerra.

Il medico congolese vive a Bukavu, nel Sud Kivu, dove nel 1997 ha dato vita al Centro di cure mediche e psicologiche alle vittime di guerra Mater Misericordiae che accoglie orfani, bambini soldato, donne vittime di stupri di massa. Oggi il centro può contare su altre due sedi periferiche: una a Uvira, alla frontiera col Burundi, l’altra, a Kamituga, in una zona rurale. Le strutture accolgono circa 4mila bambini, fra cui 802 ex bambini soldato, molti dei quali vivono protetti perché perseguitati e minacciati. «In Congo sono chiamati “banditi” - ha detto Colette -. Nessuno li vuole e chi li nasconde è fucilato in piazza. Ma per i bambini usciti dall’esercito è difficile tornare a condurre una vita normale, dopo che, drogati, picchiati, costretti a uccidere, sono stati privati della propria fanciullezza. Hanno bisogno di fare un percorso speciale, come quello che abbiamo messo in piedi nei nostri centri. È importante aiutarli a vomitare il male che hanno dovuto ingoiare per impedire che riprendano in mano le armi. Ma il governo congolese se ne infischia e non vuol sprecare tempo ed energie per loro».

Colette, che per la sua attività è stata premiata nel 2005 dall’Unicef, ha anche il tempo di soffermarsi sulla situazione politica congolese. «La guerra è finita ufficialmente nel 2003. Ma in questo momento nel nostro paese c’è una guerra che si chiama pace. E non aiuta il fatto che il Congo, per uno strano scherzo della natura, sia ricco di materie prime, soprattutto nei territori del Sud Kivu. Nel frattempo, la gente continua a morire e l’Onu continua a non vedere». Il pensiero va ai massacri etnici commessi nel Congo orientale dal generale tutsi Laurent Nkunda, leader dei soldati del Congresso nazionale per la difesa del popolo (Cndp). Ricercato per crimini di guerra e contro l’umanità, è stato arrestato nel gennaio 2009 dalle forze congiunte della Repubblica democratica del Congo e del Rwanda. «Nkunda è libero e vive indisturbato con la famiglia nella sua casa di Kigali, in Rwanda - ha precisato Colette -. Ha un avvocato belga e, essendo rwandese, non sarà mai estradato».

Dopo alcuni mesi trascorsi in giro per l’Italia a fare incontri, anche per raccogliere fondi per il Mater Misericordiae, Colette Kitoga deve rientrare a Bukavu, dalla sua gente. Teme per il futuro del Paese. «Nella Provincia dell'Équateur hanno ricominciato a combattere, facendo così slittare anche il ritiro dai territori orientali dei Caschi Blu, previsto per la fine del 2011. Le elezioni politiche del prossimo anno, inoltre, potrebbero contribuire a destabilizzare ulteriormente la situazione». Eppure Colette non smette di sperare: «Verrà un giorno…».