È l’opposto dello stereotipo delle nuove tecnologie come perdita di tempo e nemiche dello studio. Teniamoci per Mouse è l’idea di una tecnologia amica della formazione, che accompagna il lavoro di studenti e insegnanti. Organizzata lo scorso 29 ottobre dal Cremit, in collaborazione con Ce Group e Ufficio scolastico regionale, nell’aula magna di largo Gemelli, l’iniziativa, giunta alla sua ottava edizione, ha coinvolto i docenti delle scuole primarie e secondarie di primo e secondo livello, ma anche tanti appassionati, per i quali la tecnologia, non solo è una dotazione tecnica, ma è anche e soprattutto lo strumento cognitivo del futuro.

Nuove tecnologie come l’iPod e l’iPad impongono un radicale ripensamento, sia delle modalità, che dei contenuti da offrire agli studenti. Una rivoluzione tecnologica in divenire che evolve a ritmi frenetici, tanto da rendere desueti mezzi che fino all’altro ieri sembravano all’avanguardia. Si pensi al paradosso per cui, come ricorda con ironia Cesare Benedetti, docente di Tecnologia all’Ic via Brianza di Bollate, il convegno continua a chiamarsi Teniamoci per mouse, sebbene il mouse sia di fatto scomparso negli strumenti informatici di nuova generazione.  Da qui l’urgenza di non rifiutare aprioristicamente la tecnologia, in nome di nostalgie deamicisiane o di una snobistica ignoranza multimediale, ma di affrontarla come fosse una sfida avvincente, da cui dipende buona parte dello sviluppo del nostro Paese.

La pensa così Pier Cesare Rivoltella, docente di Tecnologia dell’istruzione e dell’apprendimento all’Università Cattolica, direttore Cremit e autore di alcuni testi di riferimento come Didattiche per l’e-learning. Il suo progetto si può riassumere nella formula “formazione informatica e informale”. Cosa significa? Vuol dire che l’apprendimento, la memoria e le relazioni sociali possono ricevere un sostegno determinante dalla tecnologia. Ma la proposta non si ferma qui. Rivoltella suggerisce anche l’idea del “mobile teacher”, cioè dell’insegnante mobile. Un professore di nuova generazione, che non delega l’insegnamento alla tecnologia, ma se ne avvale per migliorare e rendere più affascinante il suo ruolo educativo.

La rivoluzione è già in corso. Lo dice Domizio Baldini, insegnante dell’IC Cecco Angiolieri di Siena, tra i pionieri dell’innovazione tecnologica (è suo il blog Multimela), una vita spesa a educare col motto “portiamo i media nella scuola media”. Le aule dove Baldini insegna sono diventate fucine dei nuovi orizzonti della multimedialità: pen drive al posto dei gessetti bianchi, touch screen in luogo delle tradizionali lavagne, e-book invece di pesanti volumi. Una rivoluzione “digitale” in senso letterale: i libri qui vengono sfogliati con un semplice tocco delle dita.

Molti passi sono stati fatti anche sulle proposte normative. Visti gli indirizzi ministeriali della Lim (Lavagne Interattive Multimediali) e delle Cl@ssi 2.0, oggi la multimedialità si propone come uno strumento non più soltanto di socializzazione o di informazione, ma anche di crescita formativa. Un mezzo di apprendimento che non riguarda solo gli studenti, ma gli stessi insegnanti, invitati ad aprirsi alle nuove tecnologie.

Un processo che, d’altronde, agevola lo “svecchiamento” della scuola. Come sostiene il professor Benedetti, la tecnologia stimola tre comportamenti rivoluzionari: l’interattività nel rapporto docente-discente (e non più insegnamenti unidirezionali); la multimedialità con l’apertura di nuove finestre formative e, infine, il superamento della scrittura e dell’oralità garantendo facile accessibilità ai contenuti didattici. Una lezione, quella di considerare la tecnologia come un’opportunità e non come una difficoltà, che anche l’Università Cattolica ha fatto propria, aprendosi a nuovi strumenti di didattica online. Come Blackboard, diventato ormai vero tessuto connettivo tra studenti, docenti e collaboratori, nonché mezzo di supporto e di integrazione alle tradizionali discipline d’insegnamento.