Non ha deluso il pubblico della Cripta dell’Aula magna Link Day, il confronto tra il presidente Mediaset Fedele Confalonieri e la giornalista Daria Bignardi promosso dal Centro di ricerca sulla televisione e gli audiovisivi (Certa), che si è tenuto lo scorso 1° dicembre in largo Gemelli. A moderare il dibattito il direttore del Certa Aldo Grasso.

Tra le discussioni più calde, l’affaire Mentana e un inaspettato presidente Mediaset che fa salire l’audience della concorrenza australiana. Diplomatica la fase di rodaggio del dibattito: Grasso, dopo una panoramica sulla situazione della critica televisiva in Italia, sonda i gusti personali dei due ospiti. Una materna Daria racconta le serate in famiglia con Flash Forward e Tutti pazzi per amore, rammaricandosi di non avere più l’età né il tempo per guardare il Chiambretti Night. Del Pierino nazionale ha parlato anche Confalonieri: a fronte della stima professionale, una palese diversità di vedute. Ma la vera rivelazione arriva quando ammette di amare la concorrente Sky classica e le chiacchiere da bar Sport della seconda serata di Telelombardia.

Confessioni personali a parte, la discussione prosegue poi con l’analisi del rapporto tra critica e palinsesto. Quest’ultimo, del resto, risulta essere il primo artefice del successo o dell’esito negativo dei programmi: la scelta degli orari della messa in onda è senza dubbio una discriminante considerevole. Così come rilevante nel determinare le scelte di rete è il ruolo della critica televisiva (oggetto di uno dei due numeri monografici di Link/Mono), in verità molto ricca di opinionisti, quanto povera di esperti. Per di più, negli ultimi anni, i giudizi, piovono non solo da tv e carta stampata, ma anche dalla blogosfera. Variegate sono però le reazioni «a seconda che si tratti di una giovane promessa o di un… venerato maestro», chiosa Daria Bignardi richiamando per esteso l’aforisma di Arbasino.

Ma non è solo la critica a cambiare; è la natura stessa del mezzo televisivo a diventare ogni giorno più poliedrica e sempre più – per così dire - individualista. Il telespettatore, infatti, ha ormai in mano due potenti armi: telecomando (o meglio, al plurale, i telecomandi) e mouse. La personalizzazione del palinsesto resa possibile dal digitale, dalla tv on demand e dalla web tv ha fatto dell’utente il vero arbitro. Seguendo le trasmissioni in diretta o recuperandole in differita, riesce a presenziare, a reinventare la rigida scansione temporale della programmazione tv, consentendo a programmi sperimentali di raggiungere il grande pubblico. Proprio in tema di idee innovative, la Bignardi ricorda l’avventura a La7: ampie possibilità di espressione e democraticità nelle opinioni. Clima familiare che non sempre la tv pubblica (oggi la Bignardi va in onda su Rai2) non sempre garantisce.

L’incontro è proseguito nel pomeriggio, su toni più accademici, con una serie di interventi sul tema Che fare? La tv dopo la crisi coordinati da Fausto Colombo, docente di teoria e tecnica dei media e direttore dell’OssCom, il Centro di ricerca sui media e la comunicazione. Tra i relatori Lorenzo Caprio, Carlo Alberto Carnevale Maffé, Axel Fiacco, ed Emilio Pucci. «La crisi – ha spiegato quest’ultimo, direttore di e-Media Institute - impatta sui consumi, ma a ben guardare, dai dati, si notano valori in controtendenza che riguardano proprio la tv. La spesa per guardare è anticiclica alla crisi e diventa un bene di rifugio». Gli italiani rinunciano a tutto fuorché al superfluo, e la spesa per digitale, pay per view e nuove tecnologie non conosce defaillance. Numerose riflessioni socio–economiche ben spiegate nei volumi - Link8 e Link Mono - presentati nel corso della conferenza e dedicati al ruolo della tv dopo la crisi e alla funzione della critica televisiva.