L'esecuzione del King's College London Choir (foto di Velania La Mendola)Maupassant definiva la musica come «la più poetica e la più precisa delle arti, vaga come un sogno ed esatta come l'algebra», un pensiero che comunica immediatamente il potere culturalmente eterogeneo di quest'arte. L'Università Cattolica, in occasione della Solennità del Sacro Cuore, ha voluto sottolineare questo aspetto invitando il King's College London Choir, che rappresenta la migliore tradizione della musica universitaria in Inghilterra. Organizzatore dell'evento il Centro pastorale con la collaborazione di Gianpiero Innocente, direttore del Collegium Vocale di Crema e bibliotecario del nostro Ateneo, da tempo in contatto con i maggiori cori di tradizione anglicana, che ha presentato la serata in un'aula magna gremita di appassionati.

Particolarmente suggestiva è stata l'esecuzione del Miserere (1630 ca.) di Gregorio Allegri, basato sul Salmo 51 (50) della Bibbia. Come ha spiegato Innocente, quest'opera si poteva ascoltare solo nella Cappella Sistina perché, per la sua sacralità e per preservarne l'unicità, il papa proibì che fosse trascritto mentre l'esecuzione altrove era punita con la scomunica. Questo fino a quando un ragazzino quattordicenne non riuscì a trascriverlo a memoria dopo il primo ascolto: era Mozart. Un brano impegnativo, a nove voci per due cori, uno di cinque voci e uno di quattro, eseguito con particolare maestria.

Enrico Reggiani, docente di Letteratura inglese del nostro ateneo e promotore di eventi musico-letterari di rilievo (come The Last Rose of Summer nella primavera del 2010), spiega la particolarità del King's College London Choir: «Pur non essendo un coro formato interamente da laureandi in discipline musicali e musicologiche, tutti i suoi componenti hanno competenze esecutive di notevole pregio, che affinano costantemente con passione e competenza in parallelo ai loro studi universitari nel contesto delle attività del coro. Sono guidati da un professionista della direzione corale come David Trendell, che è anche esperto studioso del geniale compositore inglese William Byrd (1539/40-1623), sul quale ha scritto notevoli saggi. Per il coro del King’s College di Londra fare musica in università vuol dire offrire un servizio caratterizzato da vari aspetti: liturgico, secondo le varie confessioni religiose presenti in ateneo; artistico-musicale in senso stretto, che si manifesta nella ricca attività concertistica svolta in patria e all’estero e nelle numerose registrazioni discografiche di notevole rilievo; culturale in senso più ampio, giacché, interagendo con il complesso della vita universitaria, la arricchisce con il suo specifico contributo e ne è arricchito in senso interdisciplinare».

Il King's College London Choir, insomma, è un eccellente esempio di come, nella tradizione universitaria anglosassone e soprattutto anglicana, un coro universitario possa coltivare in maniera completa le sue potenzialità di coro liturgico e, al tempo stesso, possa valorizzare il suo ruolo culturale: se è vero che, come ci ricorda il poeta del piano Murray Perahia, la cosa interessante della musica è 'il pensiero che le sta dietro', proprio tale ruolo può produrre frutti assai significativi e rivelarsi un importante “collante” per la vita universitaria. Proprio secondo una prospettiva analoga a questa è nato nel nostro ateneo il progetto universitario Note d'inchiostro: il suo obiettivo è far emergere la community di musicisti e musicofili appassionati e con competenze e percorsi formativi documentabili che già lo frequenta per ragioni diverse e offrire al nostro ateneo un "servizio" musico-culturale di alto livello.

Il progetto è coordinato, per conto del Centro Pastorale, dal professor Reggiani che spiega: « Nel nostro ateneo sono molti coloro che studiano la musica al di fuori delle sue mura, la praticano quotidianamente come attività professionale o in modo amatoriale ma con studi seri e approfonditi alle spalle. Sono sicuramente altrettanti coloro che, pur non essendo musicisti o musicologi in senso stretto, dedicano alla musica una parte significativa del loro tempo oppure, più consapevolmente e specialisticamente, la intrecciano a competenze disciplinari, professionali, di studio e di ricerca solo in apparenza lontane, diverse o inconciliabili. In realtà, visto che l’esperienza delle persone non funziona a compartimenti stagni, la musica e le altre esperienze culturali che crescono in ciascuno di noi generano sintesi personali ricche ed irripetibili».

«Chi potrebbe escludere, ad esempio, che la logica degli studi giuridici del giovane Robert Schumann, poi sacrificati in nome della musica, non abbiano influenzato il suo modo di pensarla e di comporla? Forse uno specialista del primo settore con solide competenze teorico-musicali – o viceversa, o, ancora, due persone con tali conoscenze, ecc. - potrebbe aiutarci ad ascoltare Schumann suonato da un giovane pianista della Cattolica in questa prospettiva. La stessa esperienza, mutatis mutandis, si potrebbe proporre per Bach: perché non provare ad ascoltare Il clavicembalo ben temperato accostandolo alle scoperte in materia di percezione uditiva del suo tempo: forse il sistema tonale potrebbe apparire qualcosa di più di una noiosa tiritera da ripetere all’esame di teoria e solfeggio…».

Il contributo della musica all'integrazione dei saperi può davvero arricchire gli studenti, anche perché cerca di evitare che l'impegno universitario debba di necessità coincidere con il totale sacrificio della passione per l’arte dei suoni; l'ideale sarebbe allora quello di creare in università uno spazio concreto di aggregazione in cui tutti abbiano la possibilità, senza dispersione di energie, di affiancare al percorso accademico quello di approfondimento ed esercizio delle proprie competenze musicali.

In attesa della crescita di una nuova realtà musicale del nostro ateneo nel solco della cultura cattolica, è già fissato l'appuntamento con l'University of London Chamber Choir che sarà ospite della nostra università nel giugno 2012.