Uno dei caratteri della "società moderna" è l'aumentata percezione dei rischi a cui siamo esposti. Questo non implica che i rischi stessi siano realmente aumentati, anche perché il progresso della scienza dovrebbe averli ridotti rispetto al passato. Si delinea piuttosto una maggiore consapevolezza dei possibili pregiudizi connessi a determinate scelte di azione. Un tale sensazione genera inevitabilmente paura, che a sua volta, si traduce in una sempre più pressante richiesta di intervento delle autorità pubbliche affinché prevedano e prevengano i vari rischi, così da placare e soddisfare i bisogni di sicurezza dei cittadini. Quando si tratta di rispondere a una diffusa sensazione di insicurezza, si tende assai spesso a chiamare in causa il diritto penale, quasi fosse un antico monile apotropaico. Tuttavia, non sempre esso è realmente in grado di giocare la partita alla quale viene invitato. Rischia di non ottenere i risultati sperati e di vedere stravolti alcuni dei propri connotati: di essere, cioè, piegato per scopi che non gli appartengono e in relazione ai quali può davvero poco.

Si occupa di questi temi oggetto lo studio di Francesco D'Alessandro, docente di Diritto penale commerciale alla facoltà di Economia, pubblicato con il titolo Pericolo astratto e limiti-soglia. Le promesse non mantenute del diritto penale (Giuffrè, 2012), che ha dato lo spunto per la tavola rotonda La prevenzione del rischio: diritto penale e scienze sociali a confronto, organizzata lo scorso 10 aprile in largo Gemelli a Milano dal Centro Studi "Federico Stella" sulla Giustizia penale e la Politica criminale (Csgp).

Ha aperto i lavori Gabrio Forti, preside della facoltà di Giurisprudenza, direttore del Csgp e docente di Diritto penale e Criminologia. Il professore, dopo aver speso parole di apprezzamento per il lavoro di D'Alessandro, ne ha rimarcato in particolare l'apertura orizzontale verso altre discipline nel contesto della profondità verticale delle conoscenze penalistiche: una sorta di cifra stilistica della Scuola dei penalisti della Cattolica, nel solco gli insegnamenti di Federico Stella. Il professor Raffaele De Giorgi, direttore del dipartimento di Scienze giuridiche e del Centro studi sul rischio e docente di Filosofia del Diritto, ha preso le mosse dal concetto di rischio, che evoca un non sapere correlato a un sapere, per saggiare le possibilità o, più correttamente, i limiti del diritto dinanzi ai rischi: esso può trasformare i rischi, li può incrementare ma non li può né trattare né eliminare. Di qui, allora, l'auspicio a confrontarsi in maniera, per così dire, distaccata con i rischi, così da cercare di razionalizzare la paura a essi correlata, senza riporre vane speranze nel mondo del diritto.

Maurizio Catino, docente di Sociologia dei processi organizzativi all'Università degli Studi di Milano-Bicocca, ha descritto il ruolo delle organizzazioni in relazione al tema del rischio, articolando il ragionamento secondo quattro tappe: le antinomie, cioè i dilemmi da fronteggiare nella gestione del rischio; la relazione fra il profilo di chi decide come gestire un rischio e la relativa decisione (pubblico/privato, con le diverse prospettive); la gestibilità dei rischi con specifico riferimento ai diversi approcci che si possono assumere; e, infine, l'apprendimento dai rischi concretizzatisi negli eventi temuti e la gestione dei rischi futuri.

Sul lato penalistico, Alberto Gargani, docente di Diritto penale all'Università di Pisa, elogiando il libro presentato, ha messo in luce la maturità e l'originalità dell'indagine, che, anche attraverso l'apertura comparatistica verso l'esperienza di altri ordinamenti, perviene a colmare una significativa lacuna. Il professor Gargani ha toccato i vari profili di tensione che il diritto penale subisce quando è costretto a maneggiare i temi del rischio: un diritto che necessita certezze entra in stallo dinanzi all'incertezza, specie quando è chiamato a confrontarsi con meri, nudi, sospetti, quasi fosse una novella Cassandra. Di qui l'auspicio a un sano realismo che porti a una pragmatica accettazione dei limiti del diritto penale.

L'autore del volume, Francesco D'Alessandro, ha concluso il dibattito inquadrando la genesi del libro e richiamando le indicazioni ricevute dal suo maestro Federico Stella. Il professore ha tracciato le tappe della ricerca, evidenziando le difficoltà del dialogo tra discipline, particolarmente evidenti in un settore che non può farne a meno, come, peraltro, ben testimoniato dalla varietà di competenze espresse dai relatori durante la tavola rotonda. Evidenziati i problemi, ha valorizzato la necessità di fornire risposte originali, che siano in grado di legittimare l'auspicato passaggio del testimone da parte del diritto penale.