Carissimi fratelli e sorelle, siamo in cammino verso la Pasqua e vogliamo prepararci assieme con questa Eucaristia a celebrare un momento centrale dell’anno liturgico e della nostra vita. La Pasqua segna la vittoria della vita sulla morte, della grazia sul peccato, della luce sulle tenebre, della speranza sullo scoraggiamento. Ci prepariamo quindi a vivere questo passaggio della cui importanza si parla anche nel dialogo tra Gesù e i Giudei riportato nel Vangelo di oggi: «Se uno osserva la mia parola - afferma Gesù -, non vedrà la morte in eterno».

Non deve stupirci che i Giudei si scandalizzino di fronte a queste parole fino al punto da voler lapidare Gesù. Se c’è una cosa da cui nessuno può sfuggire è proprio la morte, per cui anche oggi di fronte a queste parole di Gesù prevale lo scetticismo. E appare abbastanza logico se consideriamo i fenomeni esteriori. Tutti devono fare i conti con la morte del corpo. Ma di quale morte parla Gesù? Certamente non della morte fisica, quanto piuttosto della morte spirituale. È questa la vera morte che dobbiamo temere e da cui dobbiamo guardarci. Il mondo si accanisce contro la morte fisica, cercando di superarla con il ricorso alla scienza e alla tecnica, e non si preoccupa di combattere la vera morte, quella del cuore e dello spirito.

Quella del corpo può essere rallentata e dobbiamo fare ogni sforzo per garantire la salute e la vita fisica, ma il morire è nella natura delle cose. Quella che possiamo e dobbiamo evitare è la morte interiore. Gesù ci dice che vivere in eterno è possibile se osserviamo al parola del Signore. È la parola della nuova ed eterna alleanza che porta a compimento quella stessa alleanza a cui è rimasto fedele Abramo, come narrato nella prima lettura, tratta dalla Genesi. «Disse Dio ad Abramo: Da parte tua devi osservare la mia alleanza, tu e la tua discendenza dopo di te, di generazione in generazione».

In entrambi i testi si parla di “osservare” fedelmente l’insegnamento divino. Da questa fedeltà deriva la possibilità di non veder la morte in eterno. E certamente non vede la morte chi vede la vita che è Cristo, chi lo incontra, chi lo porta nel cuore. Osservare l’alleanza con Dio e accogliere la parola di vita che è Gesù significa essere nella vita, in colui che solo è in grado di dire “Io sono” dall’eternità e per sempre. In Cristo ci è donata la vita e in lui viviamo in eterno, come dice San Paolo: “se anche il nostro uomo esteriore si va disfacendo, quello interiore invece si rinnova di giorno in giorno. Infatti il momentaneo, leggero peso della nostra tribolazione ci procura una quantità smisurata ed eterna di gloria: noi non fissiamo lo sguardo sulle cose visibili, ma su quelle invisibili, perché le cose visibili sono di un momento, quelle invisibili invece sono eterne” (2Cor 4,16-18).

L’insegnamento di Gesù è tutto incentrato sulla bellezza della vera vita che però si ottiene accettando di far morire il peccato in noi, chi vuole conservare la sua vita restando prigioniero del peccato e dell’egoismo in realtà la perde. Di fronte al discorso esigente che Gesù fa sulla vita eterna molti dei discepoli se ne andarono. Gesù allora pose una domanda radicale ai Dodici e ovviamente la pone anche a noi oggi: «Volete andarvene anche voi?». Gli rispose Simon Pietro: «Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna e noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio» (Gv 6,67-69).

Carissimi, celebrare la Pasqua significa entrare nella vita eterna di Dio, quella vita che ci è stata donata da Gesù. Egli morendo per noi in croce ha vinto la morte e risorgendo ci ha ridonato la pienezza della vita. Questo fatto non può non cambiare in profondità la nostra esistenza. Mi permetto quindi di suggerire tre piste per rendere sempre più concreta la dinamica pasquale nel contesto dell’esperienza che viviamo anche nell’Università Cattolica del Sacro Cuore.

In primo luogo invito tutti a rafforzare la vita interiore, illuminandola e alimentandola con quella parola che Gesù ci invita ad accogliere con fiducia e ad osservare fedelmente per sfuggire ai tentacoli delle tante parole di morte che quotidianamente intossicano il nostro cuore e offuscano la nostra mente. Se dedicassimo solo il 10% delle energie che investiamo per garantire la salute fisica, all’impegno per custodire la salute spirituale certamente la qualità della nostra vita ne trarrebbe un gran vantaggio.

In secondo luogo dobbiamo rafforzare i vincoli di solidarietà. Pensando a come sulla croce Gesù si è fatto solidale con ogni essere umano assumendone la morte causata dal peccato ma anche partecipando intimamente alla sofferenza fisica e al dolore, ricordiamo a noi stessi e a tutte le persone che incontriamo ogni giorno, soprattutto nei reparti del policlinico, che non siamo soli nella prova e nella sofferenza perché Gesù porta la croce con noi e per noi. Vivere e trasmettere lo spirito di solidarietà che scaturisce dal mistero pasquale da parte di tutto il personale è il vero valore aggiunto che rende il Policlinico Gemelli unico e ineguagliabile. Altri possono concorrere con noi sul piano scientifico ma nessuno può superaci nella scienza dell’amore.

Infine, in terzo luogo, vivere la Pasqua significa diventare portatori di speranza. Facciamo nostro quanto Papa Francesco ha detto con parole toccanti nell’omelia della Santa Messa per l’inizio del ministero petrino: «Anche oggi davanti a tanti tratti di cielo grigio, abbiamo bisogno di vedere la luce della speranza e di dare noi stessi speranza. Custodire il creato, ogni uomo e ogni donna, con uno sguardo di tenerezza e amore, è aprire l’orizzonte della speranza, è aprire uno squarcio di luce in mezzo a tante nubi, è portare il calore della speranza! E per il credente, per noi cristiani, come Abramo, come san Giuseppe, la speranza che portiamo ha l’orizzonte di Dio che ci è stato aperto in Cristo, è fondata sulla roccia che è Dio».

Grati a Dio per il dono della vita eterna e per la grazia di questo cammino verso la Pasqua, auguro a tutti di vivere personalmente, con la propria famiglia e nell’insieme della grande comunità dell’Università Cattolica una Santa Pasqua di Risurrezione.