di Angelo Scola *

8 giugno 2013. Aula Pio XI. L'intervento del cardinale Scola al convegno "L'Editto di Milano"Con piacere ho accettato l’invito a rivolgere una parola di apertura in occasione della prima seduta del Convegno Costantino a Milano. L’Editto e la sua storia (313-2013), promosso dalla Biblioteca Ambrosiana, dall’Università Cattolica del Sacro Cuore e dall’Università degli Studi di Milano. Dico con piacere perché diverse sono le ragioni che, fin dal primo momento, mi hanno fatto apprezzare l’iniziativa.

Innanzitutto il fatto che si tratti di un Convegno scientifico promosso da tre istituzioni culturali di prim’ordine nella storia e nel presente della nostra città: la Biblioteca Ambrosiana, espressione istituzionale della cura che la Chiesa ha sempre avuto nel favorire lo sviluppo dei saperi e delle arti; l’Università Cattolica, nata dall’impegno libero e appassionato di un gruppo di cattolici come luogo di elaborazione del sapere a beneficio non solo dei cattolici italiani e l’Università degli Studi di Milano, polo di grande rilevanza in ambito accademico. Mi sembra che l’iniziativa che ci vede convenuti manifesti il “bene pratico dell’essere insieme” e le possibilità di lavoro comune in ambito accademico e culturale sempre più necessari alla vita pubblica della nostra città e della nostra nazione.

In secondo luogo, il Convegno affronta lo studio particolareggiato del cosiddetto “Editto di Milano” (forse come gli storici insegnano sarebbe meglio parlare di “Accordo di Milano”), le sue conseguenze storiche e la sua rilettura nelle diverse tradizioni europee. Basta scorrere il ricco programma di queste tre giornate per farsi un’idea della complessità insita nell’argomento.

Infine, il mio interesse per questo Convegno nasce anche dal fatto che ho voluto porre all’attenzione di tutta la società milanese, e recentemente anche al grande pubblico attraverso un breve saggio, il tema della “libertà religiosa”, emblema e culmine della libertà di coscienza, come uno dei principali argomenti, se non il primo, che mi sembra richiedere seria riflessione e rinnovata pratica nelle nostre odierne società occidentali.

In occasione del Discorso alla Città, la vigilia di Sant’Ambrogio, ero partito dalla considerazione che non si possa negare all’Editto di Milano un qualche significato epocale, in quanto inizio di quella che, col tempo, avremmo potuto denominare “libertà religiosa”. Pur tenendo in debita considerazione le diverse riletture storiche che hanno sopravvalutato di volta in volta, o sottovalutato, il peso dell’Editto, mi sembra che si possa continuare ad affermare, ovviamente nel quadro della specifica e ben delimitata teologia politica di quel momento storico, che con l’Editto di Milano emergono per la prima volta le due dimensioni che oggi chiamiamo “libertà religiosa” e, in maniera indiretta, quella che secoli dopo verrà chiamata “laicità dello Stato”. Sono due aspetti decisivi per la buona organizzazione della società politica.

Tuttavia, come ben sappiamo, l’Editto fu una sorta di “inizio mancato”. Basti pensare alla svolta di Teodosio. Tuttavia il tema della libertà religiosa e della laicità dello Stato hanno continuato a pesare lungo la storia ed è assai significativo che ai giorni nostri tale travaglio, nonostante i non pochi guadagni, è lungi dall’essere concluso. Parlare oggi di libertà religiosa significa infatti affrontare un’emergenza sempre più globale: guardando verso Oriente il problema si pone non di rado in termini di vera e propria persecuzione violenta su base religiosa di tutti coloro che professano una fede diversa da quella “ufficiale”, ma anche in Occidente non mancano limitazioni, talora non di poco conto, della libertà religiosa.

Nei Paesi in cui domina ancora la religione di Stato, dove ancora non si è scoperto il valore di una “sana laicità”, tutelare la libertà religiosa significherà primariamente incoraggiare il pluralismo religioso e l’apertura a tutte le espressioni religiose, per esempio eliminando le legislazioni che puniscono anche penalmente la blasfemia. In Occidente, invece, è urgente superare la latente diffidenza verso il fenomeno religioso insita nell’ambiguità di alcune concezioni della laicità che generano un clima non certo favorevole ad una autentica libertà religiosa.

Al dato di una fragile pratica della libertà religiosa si aggiunge la necessità di riconoscere che si tratta di un tema assai complesso, e che laddove si parli della natura e dei “limiti” di tale libertà, nonché della sua coesistenza con l’imprescindibile dovere della persona di cercare la verità, come fa la Dignitatis humanae, si mettono in campo una serie di fattori il cui equilibrio non è mai dato una volta per sempre. Il tema della “libertà religiosa”, sulla cui bontà sembrerebbe facile, a prima vista, trovare vasto consenso, possiede in realtà un contenuto tutt’altro che ovvio e si impiglia in un nodo in cui s’intrecciano gravi problemi. Taluni potremmo definirli “classici”. Citerò: a) il rapporto tra verità oggettiva e coscienza individuale, b) la coordinazione tra comunità religiose e potere statale e c), dal punto di vista teologico cristiano, la questione dell’interpretazione dell’universalità della salvezza in Cristo di fronte alla pluralità delle religioni e delle visioni etiche “sostantive”. Queste decisive questioni si ripresentano oggi con varianti assai cruciali. Penso: a) al rapporto tra ricerca religiosa personale e la sua espressione comunitaria; b) al potere dell’autorità pubblica legittimamente costituita di distinguere una religione autentica da ciò che non lo è; c) al rapporto religioni/sette; d) all’acuto problema della libertà di conversione; e) all’equilibrio tra libertà religiosa e pace sociale. Tutti temi che hanno assunto una particolare configurazione nelle società plurali.

Toccherà al Convegno filosofico-teologico che il Comitato diocesano per la celebrazione dell’anno costantiniano ha progettato per il prossimo autunno affrontarli di petto. È tuttavia decisivo che alla base di quel lavoro sia posto quello della rigorosa ricostruzione storica che voi vi apprestate a compiere. Esso, anche solo guardando al programma e ai relatori, si presenta unitariamente ben articolato.

L’augurio per il vostro Convegno è che lo studio rigoroso dell’Editto, della sua recezione e delle sue differenti interpretazioni possa illuminare la pratica della libertà religiosa che costituisce una vera e propria cartina di tornasole del grado di civiltà di una società.

* Cardinale Arcivescovo di Milano