«L’Europa è un laboratorio o un museo?». Ha preso le mosse dalla domanda che uno studente cinese gli pose durante una lezione a Shanghai la lectio con cui Romano Prodi ha inaugurato il ciclo di incontri “Colloqui sull’Europa” nell’aula Pio XI dell’Università Cattolica. Sono intervenuti il prorettore vicario Franco Anelli e i docenti della Cattolica Massimo Bordignon, Andrea Boitani e Marco Lossani.

Protagonista della prima conferenza, dedicata all’Europa nella competizione mondiale, l’ex presidente del Consiglio, attualmente professore all’Università di Brown e alla China-Europe Business School (Ceibs) di Shanghai nonché presidente della Fondazione per la Collaborazione tra i Popoli. Un profilo, quello tenuto nella sua lezione, non politico, bensì accademico, anche in nome di quell’esperienza accumulata dal 1999 al 2005 nelle vesti di presidente della Commissione europea.

Emozionato per il ritorno nell’aula in cui si laureò in Giurisprudenza nel 1961, Prodi ha risposto alla provocazione dello studente cinese partendo dagli elementi acquisiti come dati positivi: l’istituzione dell’Unione europea è stata sicuramente un bene, per i Paesi europei e per il mondo. Da quando c’è l’Ue i 27 stati membri si sono dotati di un mercato comune e di comuni istituzioni. Grazie al trattato di Schengen c'è la libera circolazione della mandopera. E, da un punto di vista storico, la Ue è stata l’unica novità radicale a livello sovranazionale dal 1648 (anno della pace di Westfalia) a oggi. La nuova Europa, inoltre, è nata come un’unione di minoranze dove nessun Paese ha il diritto di schiacciare gli altri. E l’introduzione della moneta unica, che vale in più Paesi, è stata una novità assoluta nel panorama storico mondiale. Solo pochi sanno che il Vecchio continente resta il primo nel mondo per reddito, produzione industriale ed esportazione e che è in pace da almeno tre generazioni.

Eppure l’Europa continua ad avere una posizione marginale nello scacchiere internazionale e a non avere un ruolo forte e strategico nelle riunioni del G20. Rischia inoltre di diventare subalterna non solo al dinamismo della Cina, ma anche a quello di colossi emergenti come India e Brasile. L’ex presidente del Consiglio riporta un dato molto significativo: negli anni ’50 Usa, Europa e Canada costituivano da soli il 68% del Pil del mondo. Oggi gli stessi tre protagonisti insieme rappresentano una percentuale che oscilla tra il 45 e il 46%. I motivi che hanno estromesso l’Europa dai giochi del mondo sono vari: innanzitutto tutte le decisioni dell’Unione necessitano dell’unanimità di tutti i 27 stati membri. Ciò significa che ognuno ha potere di veto: un elemento palesemente paralizzante che rallenta tantissimo il processo decisionale e governativo. A Bruxelles manca il coraggio di prendere decisioni impopolari in merito. Inoltre, la crisi economica ha tolto ulteriore spirito d’iniziativa alle istituzioni: infatti la possibilità di integrare la Turchia e i paesi dell’ex Jugoslavia è uscita dall’agenda politica.

Per essere più chiaro possibile, Prodi racconta un aneddoto: «Il ministro degli Esteri cinese un giorno mi ha detto di essere preoccupato per il livello di democrazia in Europa, perché tra elezioni amministrative, regionali, politiche ed europee siamo sempre in campagna elettorale. Come si suol dire, il prete è sbagliato, ma la predica è giusta». E ha formulato una risposta conclusiva alla domanda dello studente cinese: «L’Europa è stato il più grande laboratorio politico della storia e ancora oggi conserva al suo interno elementi virtuosi. Ma ora il laboratorio si è fermato e rischia di diventare un museo». Prossimo colloquio sull’Europa giovedì 3 marzo: si parlerà del mercato interno europeo con Mario Monti, ex commissario Ue alla Concorrenza e recentemente autore del rapporto “Una nuova strategia per il mercato unico”.