«Indagando le giustizie sociali, fra le cifre delle statistiche, s'alzò potente alle più sublimi idealità, a tutti noi lasciando in eredità una vita […] che, sfiorando la terra, fu tutta di cielo». Così Pietro Maffi descriveva Giuseppe Toniolo (1845-1918), economista e sociologo, un grande protagonista del pensiero cattolico italiano dell’Ottocento. Il 28 gennaio esce in libreria il volume Giuseppe Toniolo. L’uomo come fine, edito da Vita e Pensiero e curato da Aldo Carera, docente di Storia dell’economia dell’ateneo, che raccoglie i frutti di un convegno, tenutosi in Università Cattolica nel 2012 dedicato a lui e alla storia dell'Istituto che ne ha preso il nome, e di un percorso di studi, eterogenei e ricchi, su questo interprete intenso e originale di processi che hanno ridisegnato le società capitalistiche e democratiche.
Professor Carera, il sottotitolo del libro “L’uomo come fine” sono parole di Toniolo? «Non è una citazione letterale ma una formula sintetica che pone a tema una premessa strutturante il magistero di Toniolo: il senso integrale, diremmo oggi, dell’umanesimo cristiano. Profetica la sua denuncia dei rischi di dissecazione culturale e civile di una società eretta sui fondamenti dell’umanesimo razionalista che poneva l’uomo, con la sua ragione, a principio e fine di ogni sapere, ed erigeva le utilità personali e materiali a egoistico fondamento di ogni costruzione e di ogni operosità sociale. Contro questa deriva egli si riconosceva nel portato sostanziale della prima enciclica sociale (la Rerum novarum) e andava incontro coraggiosamente al moderno, senza nessun timore per l’avanzare della civiltà delle macchine. Conoscere le cose dell’uomo quali sono, nella piena consapevolezza del peso del male che grava sulla storia, era la premessa per considerare la condizione umana terra feconda, sul piano religioso e sociale, del cristianesimo. Le prime tre sezioni del volume (la quarta è dedicata all’Istituto Toniolo di studi superiori) non sono altro che la declinazione di tale presupposto».
Come si articola nel volume questa prospettiva? «Nella prima sezione viene evidenziata la coerenza tra metodo scientifico, fondamenti culturali e dimensione religiosa. Una coerenza cui il professore pisano ha riportato le proprie indagini su molteplici sfaccettature della modernità (considerate nella seconda sezione): dall’ordine sociale riletto tra medioevo e contemporaneità, a quella società del benessere che stava prendendo forma penalizzando il lavoro nei confronti del capitale, povera anche sul piano educativo. Né si poteva trascurare, infine, la concretezza della sua azione di promotore di iniziative sociali sia a livello nazionale che internazionale».
Guardando allo stato attuale dell’economia, al di là di qualsiasi enfasi agiografica, cosa dovremmo riscoprire del pensiero e della testimonianza di Toniolo? «Toniolo è stato un originale interprete della secolare tradizione italiana che vedeva agire le istituzioni intermedie liberamente costituite come tramite tra l’interesse individuale e un interesse collettivo ordinato al bene comune. Una tradizione che portava a considerare l’economia connessa alla morale, in cui i lavoratori non sono considerati come una merce ma come persone, che anteponeva le ragioni dell’equa distribuzione dei risultati dell’arricchimento alle logiche dell’accumulazione e della speculazione finanziaria».
Una posizione molto controcorrente… «Affermando la necessità di perseguire l’armonizzazione dell’utile individuale con il bene comune, Toniolo criticava sia le forme storiche assunte dall’economia di mercato sia la stessa scienza economica ispirata, soprattutto in ambiente anglosassone, alle ragioni dell’utilitarismo che egli considerava incapace di dare le indicazioni indispensabili per porre rimedio ai mali sociali generati dal capitalismo industriale. Una denuncia radicale che usciva dagli schemi culturali del suo tempo».
Può valere anche oggi? «La denuncia che Toniolo faceva aveva preso forma in una fase storica drammatica per le più evolute economie del tempo ma anche per un’economia ancora arretrata, come quella italiana: erano gli anni della «grande depressione» di fine Ottocento, che per molti aspetti (durata, riassetti strutturali e culturali …) forse vale come significativo confronto con la crisi attuale, più di quanto dica il ricorrente richiamo alla crisi del 1929. L’insegnamento di Toniolo è esemplare della lucida applicazione di un economista nel considerare tutti i molteplici piani da cui originano le crisi economiche e su cui occorre agire per uscirne».
Capitale, lavoro e società: nel libro si legge che Toniolo non ebbe paura di affrontare le relazioni tra questi tre elementi uscendo dagli schemi della cultura economica del suo tempo. Come? «Difficile, a riscontro con l’attuale processo di concentrazione della ricchezza nelle mani di ceti sociali sempre più ristretti, non aver presente la denuncia di Toniolo della «cupidigia» delle classi dominanti, del considerare l’uomo come mezzo per giungere alla ricchezza e non viceversa. Come risulta bene dal volume, Toniolo non viveva solo di libri e di riflessioni teoriche; dai suoi studi derivava proposte operative, come la partecipazione dei lavoratori agli utili delle imprese. Non limitandosi a prospettare nel lungo periodo l’abolizione del salariato, si fece promotore di una visione non conflittuale dei rapporti nelle imprese. Per lui il valore di ogni bene e di ogni ricchezza era frutto del desiderio che ogni uomo ha di svolgere un lavoro utile e oneroso per migliorare il proprio benessere e per estendere le proprie soddisfazioni sino ai beni accessori e voluttuari. Poneva l’uomo al centro di ogni sistema economico, anche di quello capitalistico».
Come ha inciso il concetto di libertà economica espresso da Toniolo nel suo tempo e come si è trasformato oggi? «Impressionante, pensando ai suoi tempi, la capacità di Toniolo di considerare le vicende economiche nella più ampia gamma possibile di ambientazioni, di paesi, di continenti. Una prospezione che gli ha consentito di identificare le criticità di comportamenti sempre più diffusi, «cosmopolitici» diceva, quali, per esempio, la messa in dubbio dell’autonomia economica e degli assetti delle singole nazioni, piuttosto che i rischi di una generale diffusione del liberalismo e del socialismo».
Che critiche rivolgeva a questi modelli? «Li considerava accomunati, pur per opposizione in eccesso – il mercato da una parte, lo Stato dall’altra –, dall’incapacità di salvaguardare contemporaneamente le ragioni della libertà individuale e il progresso dell’intera società. Due libertà da ricomporre agendo sulla moralità e sull’operosità degli individui e delle famiglie, sulla moralità e sull’operosità delle istituzioni e degli attori sociali. Alla cupidigia imperante opponeva un’economia intesa come attività produttiva e sociale a un tempo, ma sempre al servizio dell’uomo in quanto espressione materiale di un’armonia definita dai valori morali, coerente - scriveva - “con i fini spirituali della civiltà”».
Toniolo uomo dell’Ottocento? A leggere i molti richiami all’attualità del suo pensiero proposti nei saggi raccolti nel volume, si direbbe il contrario. Toniolo è attuale, molto attuale.
MILANO
Giuseppe Toniolo, un economista fuori dagli schemi
Nel nuovo libro di Vita e Pensiero in uscita, il ritratto di uno studioso controcorrente, capace di teorizzare già nell’800 la partecipazione dei lavoratori agli utili delle imprese e di considerare l’uomo come fine. Parla il curatore Aldo Carera