Due eretici, precursori dei tempi. Questo il ritratto di Giorgio Ambrosoli e Libero Grassi emerso in un forum dedicato alle due figure, tenutosi lunedì a Milano nella sede di via Nirone dell’Università Cattolica il 26 novembre. All’incontro hanno partecipato diversi personaggi della cultura e della politica, tra cui Umberto Ambrosoli, figlio di Giorgio e possibile candidato del centrosinistra alle prossime elezioni regionali. Tra il pubblico, l'assessore comunale alla sicurezza Marco Granelli, che, invitato a prendere la parola, ha spiegato che «a Milano è necessario non solo promuovere la cultura della legalità, ma anche mettere in atto determinate pratiche», come quelle adottate dall’amministrazione contro il crimine organizzato: una commissione antimafia, un protocollo per la regolarità e la sicurezza di Expo, un comitato di esperti (di cui fa parte lo stesso Umberto Ambrosoli) per lo studio e la promozione di attività finalizzate al contrasto dei fenomeni di stampo mafioso.

Una battaglia ben lontana dall'essere vinta, quella contro la criminalità organizzata, come ha sottolineato Ernesto Savona, direttore del centro studi Transcrime dell’ateneo. Il professore si è chiesto cosa sia cambiato in Italia, nella lotta a corruzione ed estorsione, dopo le morti di Ambrosoli e Grassi. Purtroppo, nonostante il loro sacrificio, secondo Savona, le cose sono peggiorate. Un esempio? L'autostrada Salerno – Reggio Calabria. Si è verificata una maggiore corruzione durante i lavori di ammodernamento, da terminare nel 2013, che nella fase di costruzione dell'infrastruttura, negli anni '60. Il giro di affari illeciti, tra i due cantieri, ammonta a circa otto miliardi di euro. Manca ancora la volontà politica di porre fine a questo fenomeno. «Sulla recente legge anti-corruzione, sono d'accordo con la Corte di Cassazione» ha detto il professore. «Condivido il giudizio molto negativo, era meglio non farla».

Il discorso è poi tornato su Ambrosoli e Grassi. La battaglia per i valori, la tardiva etichetta di eroi, l'isolamento a cui sono stati condannati: questi i punti che accomunano i due personaggi, secondo lo storico Marcello Ravveduto. Lo studioso, docente all'Università di Salerno, ha aggiunto: «Erano due figure che, nell'ambito della borghesia liberale, hanno trasformato la normalità in eresia».

Un concetto ripreso da Umberto Ambrosoli: «Essere eretici significa vedere prima. Si proietta nel futuro il significato del proprio tempo». Ed è quello che suo padre ha fatto: guardare alla realtà circostante da un’ottica che sarebbe stata compresa solo dopo la sua morte. Giorgio Ambrosoli ha precorso i tempi non solo nella denuncia della corruzione, ma anche nell’assunzione di un’autentica coscienza europeista. L’avvocato, in una lettera del 1975, si riferiva al proprio Paese dicendo «lo si chiami Italia o lo si chiami Europa». Così Umberto Ambrosoli ha riassunto l’idea eretica del padre e di Libero Grassi: «Costruire un modo diverso di concepire la vita di ciascuno di noi».