«Sento la necessità di rendere un servizio al mio Paese così provato. E, formare uomini e donne che si possano impegnare nello sviluppo e nel progresso di Haiti, mi sembra una buona scommessa». Monsignor Pierre-André Pierre, 57 anni, parla perfettamente italiano, lingua che ha appreso nei suoi anni di studio all’Istituto biblico di Roma. Dal febbraio 2009 è rettore dell’Università Cattolica di Notre-Dame d’Haiti, il quarto alla guida dell’Ateneo, nato quindici anni fa, ma già tra i più importanti dell’isola, dove conta quattro sedi (Port-au-Prince, Cap-Haïtien, Les Cayes e Jacmel), 3.000 iscritti e sette facoltà: Medicina, Agraria, Educazione, Administration, Scienze infermieristiche, Scienze politiche e Scienze sociali. A Milano, per alcuni giorni ospite del Centro Pastorale dell’Ateneo, è venuto con una duplice missione. Da una parte, consolidare il rapporto di collaborazione con l’Università Cattolica del Sacro Cuore, avviato lo scorso febbraio nell’ambito del master Relazioni di aiuto in contesti di vulnerabilità e povertà nazionali e internazionali, diretto da Cristina Castelli. Dall’altra, dare concretezza a una serie di progetti rivolti ai giovani haitiani, fra cui spicca un master in discipline politico-amministrative. Con un obiettivo: formare nuovi leader, soprattutto nel settore dell’amministrazione pubblica, che resta fra le più corrotte al mondo.

Monsignor Pierre è sopravvissuto al terremoto. Racconta di essere scampato per miracolo alla catastrofe che il 12 gennaio 2010 si è abbattuta sulla Perla delle Antille, provocando circa 300mila morti e un milione e mezzo di sfollati. «Quel giorno ero stato convocato con urgenza da monsignor Serge Miot, l’arcivescovo di Port-au-Prince, morto nel sisma», ricorda monsignor Pierre. «Arrivato nella sede episcopale, stavo andando nel suo ufficio – aggiunge il rettore dell’università –. Mi fermò un ragazzo che conoscevo. Avevo fretta. Lui, però, continuava a intrattenermi: si lamentava perché a Natale non gli avevo mandato il biglietto di auguri. Ritorno spesso con la mente a quei minuti, fatali per la mia salvezza». Monsignor Pierre, alza gli occhi al cielo, sorride e continua il suo racconto. «Quando ho capito che per volontà divina ero sopravvissuto al cataclisma, ho pensato che dovevo fare qualcosa. Ho recuperato l’auto, ho preso con me sei feriti e sono andato alla ricerca di dottori e di volontari…». Da allora monsignor Pierre non si è fermato un attimo. Con perseveranza e determinazione ha fatto sì che a due settimane dal sisma l’Università riprendesse la sua normale attività, nonostante le perdite subite, fra cui la morte di 15 studenti e 5 professori e la distruzione di quattro edifici. «Facevamo lezioni nei cortili, sotto gli alberi. In questo modo, pur se con qualche settimana di ritardo, siamo riusciti a terminare l’anno accademico. A ottobre abbiamo ripreso regolarmente l’attività. Sono convinto che nelle situazioni di emergenza, come quella che abbiamo vissuto, la migliore terapia è reagire».

 

 

I problemi ad Haiti restano: la mancanza di risorse economiche sufficienti per la ricostruzione del Paese, i disagi causati dall’uragano Tomas, l’epidemia di colera. Le turbolente elezioni dello scorso 28 novembre, poi, hanno finito per gettare Haiti in uno stato di maggiore instabilità. «Il nostro timore è che la lotta politica continui anche dopo la campagna elettorale – avverte monsignor Pierre -. Confidiamo che con il ballottaggio delle presidenziali, in programma a gennaio, si possa cominciare a guardare avanti. In questo momento così delicato in cui si parla della “rifondazione” del nostro Paese, l’impegno a cui è chiamata sia la nostra università, sia la Chiesa haitiana è la formazione di una classe dirigente proveniente da tutti gli ambienti sociali in grado di promuovere il bene comune».

Di qui l’idea di realizzare un master, riconosciuto anche in Italia, con il sostegno dell’Università Cattolica di Milano che metterà a disposizione il suo know how e alcuni professori dell’Ateneo. In cantiere, poi, anche una serie di attività con le facoltà di Medicina di Roma e Agraria di Piacenza. Oltre alla creazione di un sistema universitario che generi eccellenza, gli sforzi di monsignor Pierre sono rivolti anche alla ricerca di borse di studio che possano consentire agli studenti haitiani meno abbienti di portare a termine il proprio percorso di studio. Ad Haiti, infatti, il tasso di analfabetismo, resta alto, circa il 60%. Una piaga sociale contro cui da sempre combatte la Chiesa cattolica attraverso le scuole parrocchiali. Dal 2006 questo progetto educativo (Pec) è stato sistematizzato, garantendo un’istruzione gratuita a molti bambini che vivono negli slum. «Lo sviluppo futuro del Paese passa dall’educazione scolastica – ribadisce monsignor Pierre –. Ecco perché bisogna investire in questo ambito per educare i giovani ai valori della meritocrazia e della giustizia al fine di costruire un avvenire migliore. Forse questa è una delle grandi sfide che spetterà al futuro presidente di Haiti».