di Carlo Annoni *

Perché un Convegno dantesco oggi? Per almeno tre motivi.

Il primo: Dante definisce se stesso cantor rectitudinis, cioè poeta del buon reggimento, del buon governo. Naturalmente ogni buon governo ha, quale calco al negativo, un cattivo governo. Collochiamo allora subito, accanto alla Commedia, con un quasi perfetto riscontro temporale, le Allegorie del Buon Governo e del Cattivo Governo, affrescate da Ambrogio Lorenzetti nella Sala grande del Palazzo di Comune di Siena. Buon governo, cattivo governo: c’è qualcosa oggi di attualità maggiore? Dante, è ben noto, raggiunge la propria città ideale nell’ultimo canto di Paradiso, mediante il trionfo della Vergine e della sua offerta d’amore, «per lo cui caldo ne l’etterna pace / così è germinato questo fiore» (XXXIII, 8-9): società della pace e conversazione della pace, nel caldo d’amore, è, dunque, il terminus della Commedia. Esiste qualcosa di più necessario, oggi?

Il secondo motivo, posto a giustificare le due giornate di studio, è nientemeno che la poesia di Dante, senza aggettivi. Facile passare da qui alla più bella delle canzoni allegoriche di Dante, Tre donne intorno al cor mi son venute, e alla prima delle figure che la abitano, la Dirittura, ancora la rettitudine e il buon governo, personificati da una bella donna bionda (chi, meglio di Dante, capace di dare corpo e viso e peso di persona a un concetto?), la quale piange e «’n su la man si posa / come succisa rosa». Difficile trovare insieme, per il mezzo di così poche parole, il più bel ritratto di donna e il più bel ritratto di fiore.

Il terzo motivo è un’agnizione, il riconoscimento di una fonte: chi ascolta le mozartiane Nozze di Figaro, separando parole e musica, solo per un momento e solo a scopo di maggior evidenza, e pone mente alla canzone (esattamente così, non l’‘aria’), «Voi che sapete che cosa è amor, / donne vedete s’io l’ho nel cor», posta quasi all’inizio dell’Atto secondo dell’opera, subito si domanda quali e quanti incipit stilnovistici e immediatamente danteschi Cherubino e il librettista Da Ponte stiano intarsiando. Sia permessa un po’ di critica esclamativa: quanto è grande la forza di irraggiamento della poesia dantesca e della sua lingua d’amore!

Come è stato concepito questo Convegno? Innanzitutto il Centro, e cioè una proposta delle ultime novità sul testo e sul senso di alcune opere dantesche e dei suoi commenti più antichi, con particolare attenzione, quasi inutile dirlo, alla Commedia (mentre del Centro fa senza dubbio parte anche una verticale sulla poesia di Dante, soprattutto perché Dante, comunque e dovunque scriva, è sempre, in primo luogo, poeta). Subito dopo sta il Cerchio, cioè la rivisitazione di alcuni nuclei della formazione dogmatica ed etica dantesca, fra Agostino e Francesco, e  la rinnovata analisi della sua personale scuola di lirica volgare, tra i provenzali e i guittoniani. Al Cerchio appartiene poi la storia della ricezione: ecco dunque scorrere alcuni capitoli che partono dall’età barocca, giungendo fino a noi, con i casi insigni di Gramsci e di Levi. Non sono stati trascurati, beninteso, gli esercizi di lettura, un genere ormai classico della, appunto, lectura Dantis. I relatori sono tutti specialisti dell’argomento assegnato e ci diranno dei risultati ultimi di ricerche sul telaio da anni o ci metteranno a giorno, in tempo reale, o quasi, dei lavori in corso. Questo si voleva ottenere dagli organizzatori del Convegno: nessuna ricapitolazione oratoria e, al contrario, notizie dagli scavi. Naturalmente un Convegno riesce se viene seguito e partecipato: questo articolo di giornale vuol essere suggestivo e introduttivo, ma è la bontà del programma che chiede, senz’altro, ascolto, nella sua promessa di essere anche largamente fruibile: ognuno, crediamo, vi potrà trovare il proprio bene.

* docente di letteratura italiana