Sisto Dalla Palma è morto ieri a 79 anni. Fondatore e animatore del Centro di ricerca per il teatro di Milano (Crt), già segretario generale della Biennale di Venezia, ex direttore del Piccolo teatro, presidente della Fonit Cetra dal 1983 al 1994 e dell’Accademia di Belle Arti dall’81 all’83, Dalla Palma è stato docente di Storia del teatro in Università Cattolica, dove ha anche diretto la sezione Spettacolo dell’allora “Scuola superiore di comunicazioni sociali”, oggi Alta Scuola in “Media, comunicazione e spettacolo”. 


Il ricordo di Annamaria Cascetta [docente di Storia del teatro e dello spettacolo]


Sisto Dalla Palma se ne è andato. Una breve malattia che sembrava banale ha fiaccato sorprendentemente una tempra di straordinario vigore che ha profuso senza risparmio per decenni intelligenza, energia, idee, genialità, passione nel mondo della ricerca e della formazione universitaria e nel mondo delle istituzioni della cultura teatrale.

Mario Apollonio fu il suo maestro. Fu lui ad aprirgli gli orizzonti del teatro, a far slittare la sua  vocazione alla scrittura e alla fruizione solitaria della letteratura verso una più profonda  vocazione alla parola partecipata della drammaturgia, che si gioca nella pienezza della presenza del corpo e del coro e nella concretezza del tempo e dello spazio dell’evento.

Fu Apollonio, ormai in procinto di ritirarsi dalla mischia, dopo gli incomponibili dissensi con quel Piccolo Teatro alla cui fondazione aveva partecipato redigendo la famosa lettera programmatica, a alimentare in Sisto il desiderio di essere studioso e operatore insieme, a combattere una battaglia capace di giocarsi nell’intelletto e nella prassi.

Quale drammaturgia? Non la routine o il mestiere del teatro, non la merce o lo svago digestivo, marginale nella città, non il rito mondano o sofisticato, non l’epidermica stimolazione della sensualità, ma la convocazione della comunità intorno allo spessore di senso del segno che si invera nel corpo e nel coro, che identifica il gruppo nelle sue fondazioni, nel suo progetto, nella sua utopia.

E le istanze della coralità furono la grande passione di Sisto, ben prima che la sociologia e l’antropologia della cultura tematizzassero le ragioni del pubblico: era l’idea dell’animarsi della vita collettiva, dell’artista che parla a un gruppo, ma anche risponde a un gruppo in un rapporto stringente che il teatro pone in essere più di ogni altra forma artistica, un movimento circolare, un  dialogo “tra una vasta platea, e dei protagonisti, tra un coro e delle singolarità più autenticamente creatrici, che non si costituiscono mai come figure isolate, ma che sono piuttosto entità concretamente calate nel flusso della vicenda umana”.

Essere coro significa “non solo essere all’interno del gruppo come individualità creatrici solitarie, ma come coscienze capaci di un moto di condivisione collettiva, coinvolti in un processo di continua identificazione che può trascendere le singole determinatezze individuali e farsi rappresentazione universale”.

Fu questo il perno intorno a cui ruotarono le sue lezioni che affascinarono generazioni di studenti all’Università Cattolica di Milano, la sua Università, e all’Università di Pavia, dove ricoprì la cattedra di Storia del Teatro, intorno ai tragici greci, a Dante, a Manzoni, a Pirandello, a Beckett, agli artisti del teatro di ricerca e di sperimentazione. 

Fu questo il punto di avvio della grande avventura del CRT: il Centro di Ricerca per il Teatro che Sisto Dalla Palma fondò a Milano nel 1974 e che fece scoprire a una scena ancora avvitata sul teatro borghese o sul teatro nazional-popolare, il grande teatro di ricerca internazionale: in serate indimenticabili al CRT incontrammo Jerzy Grotowski e Tadeusz Kantor, Bob Wilson e Julian Beck, Richard Foreman, Meredith Monk il Bread and Puppet, l’Odin Teatret. Sisto non ospitava artisti, ma li ispirava, stabiliva con loro relazioni creative intense.

Erano i maestri, ma anche i giovani talenti di cui egli fu attento e perspicace scopritore e valorizzatore: Sandro Lombardi e Federico Tiezzi, Gabriele Vacis, Daniele e Cesare Lievi, Romeo Castellucci, Silvio Castiglioni e tanti tanti altri fino alle ultime generazioni: Mimmo Sorrentino, Antonio Tarantino e Emma Dante di cui ha prodotto gli spettacoli più belli e della quale diceva con ammirazione: “E’un’artista, una donna ancora capace di indignarsi”.

Indignazione e amarezza, grande amarezza accompagnò questi ultimi suoi anni in cui pure non rinunciò mai a combattere con il coraggio, lo sprezzo dell’isolamento che sempre ebbe: un leone. Lui che visse e animò gli anni belli e vivaci della cultura guardava con inquietudine al rischio di ripiegamento autoreferenziale dei giovani artisti del teatro e alla epidermica creatività delle forme della moda, soffriva la deriva della cultura che mortifica questi  nostri anni.

Non era molto ampia, secondo i  canoni accademici, la sua produzione scientifica, ma i suoi saggi sul gioco e il teatro nell’orizzonte simbolico, sul rito e sulla festa, sul teatro del sacro, sulla storia delle istituzioni teatrali, sul coro hanno fatto scuola e i suoi attesi interventi a ogni inizio stagione e i suoi pezzi sui programmi di sala erano sempre incisivi e illuminanti.

Molti per fortuna sono raccolti. E le sue drammaturgie sono state dei saggi scritti sulla di scena: Sì come luce…, La notte dei re, Mattutino…      

Fino all’ultimo non abbandonò la trincea. Perché Sisto Dalla Palma era anche uomo di potere. La vocazione alla drammaturgia si intrecciò fin dall’inizio con la sua passione politica e civile e con la sua autentica fede cristiana, radicata nella tradizione della sua terra veneta. Duro, battagliero, polemico, persuasivo e persino trascinante, non volle mai essere profeta disarmato, come un po’ era stato il suo e nostro grande maestro Mario Apollonio. Fu in Cattolica negli anni giovanili tra i fondatori della Base, l’ala sinistra della Democrazia Cristiana di Giovanni Marcora, in quel vivaio di ingegni, compagni di collegio che riuniva Ciriaco e Enrico De Mita, Nino Andreatta, Misasi, Gerardo Bianco. Ricoprì incarichi di prestigio: presidente del Piccolo Teatro, della Fonit Cetra,dell’Accademia di Belle Arti, segretario generale della Biennale di Venezia  originale, spesso furiosamente divergente, sempre fertile di idee geniali, di rapide lucide intuizioni risolutive.

Chi gli rimproverava il brutto carattere sapeva che questo era il prezzo di chi aveva carattere. Gli anni lo avevano addolcito. La perdita un anno fa della amata moglie Maria, conosciuta negli anni universitari e con cui aveva celebrato da poco i cinquant’anni di matrimonio, in una bella cerimonia e in una bella festa, aveva reso più intensa e più aperta la sua ricca umanità.  

Quanti di noi hanno goduto le lunghe giornate di convegno, le serate di cultura e di convivialità organizzate da Sisto Dalla Palma al CRT! Ricche di umorismo, di arguzia, di passione, di intuizione, di memorie, di generosità come la memorabile sessione su Grotowski di un paio di anni fa: in duetto con l’ultraottantenne  Ludwig Flaszen. Inchiodarono per ore un folto pubblico, con tanti giovani.

La sofferenza di queste settimane ha assottigliato il suo corpo imponente e scavato il suo volto, la rigidità della morte non ha tolto quella severità e quella impressione di forza magnetica che incute rispetto.

Un passaggio d’epoca. Speriamo che il suo CRT continui all’altezza del suo passato e dei tempi nuovi.

Grazie Sisto. Ti vogliamo bene.