Buongiorno, arrivederci. Giuseppe Laterza saluta ogni studente in aula, al suo arrivo e quando esce, dopo un'appassionata lezione sull'editoria italiana. Con un garbo che ha il sapore del gentiluomo del sud di un tempo, ma dal respiro europeo. Arriva infatti dalla "Fiera del libro" di Londra e la sua dissertazione prende appunto avvio dall'editoria d'oltremanica, dove il concetto di collana non è contemplato, perché lì conta il valore del titolo in sé, non chi lo pubblica. In Italia la collana invece ha ancora un valore, è un patto dell'editore con il lettore, che suggerisce a quest'ultimo i titoli che potrebbero interessargli, legati da un tema, un'idea.

Alla fiera internazionale del libro di Torino dell'anno passato qualcuno profetizzò la scomparsa dei marchi editoriali, ma oggi esistono ancora e ciascuno racchiude delle storie. Per alcuni editori è solo il ricordo di una dinastia del passato, per Laterza è la realtà di una gloriosa casata che nasce a Putignano, in provincia di Bari, dapprima come cartoleria, per iniziativa di un giovane Giovanni Laterza che vuole diventare un editore di servizio per gli scrittori pugliesi e ha l'arguzia di contattare e affidarsi a Benedetto Croce, il "papa laico" della letteratura, che gli suggerirà cosa stampare, quali idee far circolare, dettando così le regole del canone letterario italiano del Novecento.

Il progetto Laterza cresce e cambia negli anni, rinnova la linea editoriale grazie a Vito e continua oggi con suo figlio Giuseppe, classe 1957 e una laurea in economia con Federico Caffè. L'attuale nocchiero ha le idee molto chiare su cosa la sua casa editrice debba offrire ai lettori: «Quando voglio partecipare al mercato posso decidere di offrire un prodotto ideato da me e presentarlo come la cosa migliore in circolazione, oppure posso far decidere al mercato qual è il prodotto più richiesto e sfruttare quel filone». Parlando di modelli di business, Laterza cita quello di Berlusconi all'origine delle reti Mediaset: «Ha importato prodotti americani di successo per coprire la fascia oraria delle casalinghe e trasmettere in un orario non coperto dalla concorrenza. Non ha ideato un prodotto nuovo, ha importato guardando allo spazio offerto dal mercato. È un modo di fare impresa ma non c'è nessuna funzione pedagogica, non c'è un retropensiero che vada oltre la richiesta di mercato».

 

 

Laterza mette l'autore e la sua idea al centro del processo produttivo, seguendo il principio per cui il profitto non è lo scopo di un editore più di quanto l'obiettivo della vita sia respirare: necessario, ma non è il motivo per cui ci si alza al mattino. Semmai sono le imprese, sotto forma di libro, che si costruiscono negli anni, come il long seller L'uomo medievale che per la prima volta racconta la storia dal punto di vista dell'uomo comune: il monaco, il cavaliere, il contadino, l'intellettuale, l'artista, il mercante, la donna, il santo, l'emarginato. «L'idea è nata durante un viaggio in macchina con papà, Bari-Roma; cinque ore, di cosa vuoi parlare?», di libri naturalmente e discutendo del successo degli storici francesi di "Les Annales" e dei fermenti oltralpe arriva l'idea madre a cui serve un grande autore-curatore e caso vuole che Jacques Le Goff sia a Roma in quei giorni. Il celebre storico francese s'innamora del progetto e nasce un long seller accolto con successo anche all'estero di fronte agli sbigottiti editori francesi. Le Goff lascia l'Einaudi e diventa autore Laterza.

Un successo di vendite che ripaga ancora oggi l'investimento iniziale dell'editore, che da quel primo esperimento arrivò a costituire altre collane e soprattutto una, "Fare l'Europa", ideata da figlio e padre insieme: perché limitarsi a importare scrittori e farli tradurre poi dal resto d'Europa? Perché non condividere, fin dalla nascita, l'idea di un progetto che vuole raccontare la storia europea direttamente con gli editori dei Paesi interessati? «Fu un viaggio indimenticabile per me, bussando alla porta dei principali editori europei, storditi, impauriti o entusiasti per quest'idea che oggi è ancora realtà». Era infatti il 1993 e nel 1992 era stato firmato il trattato di Maastricht. Oggi vi partecipano la Verlag di Monaco, la Basil Blackwell di Oxford, l'Editorial Crítica di Barcellona e le Éditions du Seuil di Parigi.

Un catalogo ricco quello Laterza, elemento fondamentale per una casa editrice perché oltre a custodire la sua storia è una fonte di ispirazione: «Serve per andare avanti anche in tempi di crisi, rinnovandolo, aggiornando titoli di successo o offrendo al lettore dei classici in edizione economica». In fondo il mercato del libro è molto più aperto di quello dei giornali o delle tv, perché anche le piccole case editrici possono sperare nel best seller, nonostante la crisi.

Laterza crede in quell'editoria che può trasformare il futuro e crede che il motto di ogni editore di oggi debba passare da un pensiero del poeta Leopardi. Una frase, spiega, che trascrive con cura in ogni suo libretto d'appunti: «Il vincolo e il freno delle leggi e della forza pubblica, che sembra essere l'unico che rimanga alla società, è cosa da gran tempo riconosciuta insufficientissima a ritenere dal male e molto più a stimolare al bene. Tutti sanno con Orazio che le leggi senza i costumi non bastano, e da altra parte che i costumi dipendono e sono determinati e fondati principalmente e garantiti dalle opinioni». È tutta qui la filosofia Laterza: l'autore al centro, il suo pensiero, «l'editore non deve pensare che i libri siano opinioni, essi sono idee; suo compito è quello di far circolare queste buone idee affinché diventino opinioni condivise, opinioni che possono migliorare il mondo». Facile intuire cosa possa consigliare ai nostri studenti: «Leggete; leggete, andate in biblioteca e in libreria, è l'unico modo per sviluppare il senso critico».