Affiancare, non sostituire. È il compito dell’amministrazione di sostegno, di cui si è occupato, relativamente alla città di Milano, il convegno che si è svolto il 17 maggio nella cripta dell’Aula Magna di largo Gemelli, per iniziativa del Centro di documentazione sui servizi alla persona “Cornaggia Medici” e della fondazione Luigi Moneta.

L’istituzione dell’amministratore di sostegno è nata nel 2004 con l’intento di assistere «quelle persone prive in parte o del tutto dell’autonomia» al fine di ridurre il ricorso all’interdizione e all’inabilitazione. A introdurre i lavori erano presenti il professor Fabio Folgheraiter, il presidente della fondazione Moneta monsignor Luigi Testore e il direttore del centro “Cornaggia Medici” Vincenzo Cesareo. «L’amministratore di sostegno deve basare il proprio operato sulla cosiddetta etica del care, basata sul legame tra esperienza e professionalità degli operatori, volte al benessere delle persone bisognose», ha affermato Cesareo. Questa visione di sussidiarietà è stata anche la chiave di lettura del professor Ennio Codini che ha illustrato la storia di questa istituzione.

 L’istituto dell’amministratore di sostegno nasce con la legge 6 del 2004 con l’intento di assistere tutti quei cittadini che necessitino dell’aiuto di una figura diversa dal classico assistente sociale. I compiti che deve svolgere sono infatti suddivisibili in due categorie: atti personali e atti patrimoniali. Ai primi corrispondono tutte quelle attività che il beneficiario deve svolgere per ottenere per esempio prestazioni sanitarie, mentre ai secondi corrispondono le incombenze di carattere burocratico: dal pagamento delle utenze alla riscossione della pensione. L’articolo 404 esplica gli ambiti di applicazione. I possibili beneficiari sono infatti quelle persone che accusano «un’infermità o una menomazione fisica o psichica» e che per questo non riescono a provvedere ai propri interessi. La legge non specifica patologie particolari per richiedere questo servizio, è sufficiente il dato dell’incapacità. L’amministratore di sostegno viene nominato da un giudice tutelare attraverso un decreto, su richiesta di un congiunto dell’eventuale beneficiario. È poi lo stesso giudice a decidere se il richiedente necessiti effettivamente di un sostegno e soprattutto chi dovrà svolgere il ruolo di amministratore. In linea di massima i coniugi e i figli sono le soluzioni più diffuse ma si riscontrano casi in cui è stato scelto un soggetto esterno alla famiglia, per esempio in casi di conflitti familiari.

L’avvocato Angelo Cassanelli ha poi fornito una stima quantitativa degli amministratori di sostegno di Milano. «Ufficialmente dovrebbero essere 8mila ma il numero dei beneficiari fa pensare che possano essere addirittura 80mila. Di sicuro c’è che molti sono i potenziali bisognosi e soprattutto sono in costante aumento» ha detto l’avvocato.

Il seminario è stata anche l’occasione per presentare una ricerca compiuta da alcuni giovani laureati della facoltà di Sociologia che hanno voluto indagare la diffusione dell’amministratore di sostegno all’interno del territorio milanese. Le 44 interviste a operatori del settore, familiari ed avvocati, svolte per redigere la ricerca, hanno mostrato come ci sia una buona conoscenza dell’istituzione e come i beneficiari si ritengano soddisfatti del sevizio. L’incontro ha dimostrato la positività di questa nuova istituzione, anche se non bisogna dimenticarsi di come i fondi per il welfare e per l’assistenza siano sempre più esigui in questo periodo di crisi.