Ogni anno nascono 2.800 nuovi celiaci, con un incremento annuo di circa il 10% (fonte Associazione italiana di celiachia – Aic). «Per le dimensioni che oggi assume in Italia e nel mondo in termini di salute pubblica e di economia sanitaria la celiachia può essere considerata una “malattia sociale”, ha detto Italo De Vitis, dirigente dell’Unità assistenziale di Medicina interna e gastroenterologia dell’Università Cattolica di Roma presso il Complesso Integrato Columbus (Cic), presidio accreditato dalla Regione Lazio per la prevenzione, la sorveglianza, la diagnosi e la terapia della malattia. De Vitis ne ha parlato sabato scorso, 30 gennaio 2010, a Rieti in occasione di un incontro promosso dall’Associazione Italiana di Celichia finalizzato a far conoscere meglio sia ai medici di medicina generale che al grande pubblico quali sono le caratteristiche della patologia, coem riconoscerla e come fronteggiarla.

La celiachia è un’intolleranza permanente al glutine, sostanza proteica presente in avena, frumento, farro, Kamut, orzo, segale, spelta e triticale che compare in soggetti geneticamente predisposti. Comporta la necessità di condurre una dieta speciale per tutta la vita, basata sulla privazione di cereali e in generale di ogni alimento o medicinale contenente glutine. L’incidenza di questa intolleranza in italia è stimata in un soggetto ogni 100/150 persone. «Una diagnosi tardiva o peggio mancata costa molto di più allo Stato del contributo economico cui ogni celiaco correttamente diagnosticato ha diritto, circa 100,00 euro al mese per la donna e 140,00 euro per l’uomo - ha affermato De Vitis -. È necessario convincere gli amministratori “conti alla mano” della necessità di sviluppare i programmi di screening almeno per particolari sintomi come ad esempio la carenza di ferro nelle donne che il medico di base può avviare già dal suo ambulatorio». «Molto probabilmente questa visione - prosegue De Vitis - potrebbe portare ad un risparmio in denaro pubblico, ma sicuramente ci aiuterà a guadagnare qualità di vita, un parametro meno monetizzabile ma non per questo meno importante».

La celiachia è una condizione clinica in continua espansione epidemiologica: le maggiori attenzioni rivolte alla patologia dalla classe medica e le più approfondite conoscenze scientifiche sull’argomento hanno permesso di incrementare le nuove diagnosi creando perfino le premesse per nuovi quadri nosografici, come la celiachia dell’adulto e addirittura dell’età geriatrica. Ciononostante la percentuale delle diagnosi “sommerse” è ancora molto elevata. Esistono ancora molte zone ‘d’ombra’ nell’impostare correttamente la diagnosi o nell’affrontare problematiche connesse al monitoraggio della condizione dopo la diagnosi,anche da parte dei medici di medicina generale. Per questo motivo la Associazione Italiana Celiachia si è fatta promotrice di una serie di incontri con i MMG per far conoscere la celiachia.

«Ribadito che la dieta senza glutine rimane ad oggi l’unico vero baluardo contro questa condizione, - ha concluso De Vitis - , affiorano all’orizzonte alcune possibilità farmacologiche. In particolare si parla molto da anni della cosiddetta “pillola”, della sostanza cioè in grado di ripristinare la permeabilità intestinale alterata nel soggetto celiaco dal contatto con il glutine, antagonizzando una proteina, la zonulina, presente in gran quantità nella mucosa del celiaco a dieta libera. Se gli studi attualmente in corso dovessero ribadire l’efficacia e l’innocuità del farmaco nel prossimo futuro, il celiaco potrebbe avere la possibilità di consumare fuori casa, occasionalmente, un pasto “normale” senza correre rischi per la salute o - talora - per la vita».