La Caritas in veritate di Benedetto XVI non è certo passata sotto silenzio sui mezzi di comunicazione, nella società e nel mondo della cultura, ma pare comunque necessario andare «oltre una lettura impressionistica» del documento magisteriale, tentandone una più analitica, che ne individui quelle linee di forza in grado di guidare alla comprensione dei nuovi problemi della contemporaneità. È quanto ha sottolineato il direttore del Centro di Ateneo per la Dottrina Sociale della Chiesa, professor Evandro Botto, introducendo l’incontro pubblico organizzato in collaborazione con il Centro Pastorale, lo scorso 2 dicembre, nella Cripta dell’Aula Magna dell’Università Cattolica del Sacro Cuore. Per questa iniziativa di approfondimento, che fa seguito alla presentazione della Caritas in veritate promossa, sempre dal Centro di Ateneo a Roma in ottobre, si è scelto di affrontare il tema L’urgenza della carità e le sfide della verità, su cui Sergio Lanza, assistente ecclesiastico generale e professore di Teologia pastorale, ha tenuto una ricca e articolata lezione.

A partire dalla comprensione del fatto che la Chiesa interviene in re sociali poiché, come si legge già nella Gaudium et Spes e come recita il n. 11 della Caritas in veritate, «in tutto il suo essere e il suo agire […] è tesa a promuovere lo sviluppo integrale dell’uomo», non si può non notare, secondo monsignor Lanza, come il documento possieda una straordinaria «forza contro-culturale»: esso propone infatti un’interpretazione delle principali questioni di natura sociale ed economica a partire dall’affermazione della dipendenza della carità dalla verità (e anche dell’economia e del mercato dall’etica), mettendo in crisi il modo attraverso il quale la modernità e la post-modernità pensano il soggetto umano.

Di fronte a una visione individualistica che considera l’uomo come portatore di desideri e di interessi fondati solo sulla sua volontà e sulla sua ragione, il Papa richiama nuovamente l’attenzione sul fatto che la persona, in tutte le sue attività, attinge al significato pieno della vita solo uscendo da se stessa, mantenendosi cioè in rapporto con una verità che la trascende. Proprio in virtù di questa dipendenza dell’uomo dalla verità, che fa sì che anche l’economia sia mossa dal desiderio del vero, il Santo Padre può affermare – in linea con quanto Paolo VI sosteneva nella Populorum progressio quando parlava dell’annuncio di Cristo come «il principale fattore di sviluppo» – che «la carità nella verità è la principale forza propulsiva per il vero sviluppo di ogni persona e dell'umanità intera». Non si tratta, ha concluso monsignor Lanza, soltanto di reintrodurre nel dibattito attuale i principi etici dell’antropologia cristiana (la cosiddetta «parte stabile» della dottrina sociale della Chiesa), ma anche di trovare modalità e criteri per applicarli a questioni come il mercato, il non profit, i nuovi modelli di sviluppo, l’impresa e la giustizia sociale.