Foto di gruppo per il master in Diritto penale dell'ImpresaUn evento che ha rappresentato la conclusione della seconda edizione e l’inizio della terza del master di secondo livello in Diritto Penale dell’Impresa (Midpi) e il secondo appuntamento  del ciclo seminariale Giustizia e Letteratura (Law and Literature). Iniziative che costituiscono un vero e proprio fiore all’occhiello dell’offerta formativa dell’Università Cattolica, riscuotendo un crescente successo anche al di fuori dell’ambito strettamente accademico. In particolare, il master ha confermato un altissimo indice di gradimento da parte degli studenti e ha replicato – nonostante il continuo moltiplicarsi di corsi specialistici in questo settore – il numero di iscritti, con 38 nuovi allievi.

La criminalità economico-finanziaria: modelli di narrazione e strategie di contrasto, è il titolo del convegno ospitato lo scorso 18 dicembre dall’aula Pio XI, che è stato introdotto dal professor Gabrio Forti, preside della facoltà di Giurisprudenza dell’Università Cattolica, docente di Diritto penale e Criminologia e direttore del Centro Studi “Federico Stella” per la giustizia penale e la politica criminale (Csgp). Al tavolo col professor Forti, l’avvocato Stefania Giavazzi, componente del Comitato direttivo del Midpi, Marco Onado, già docente di Economia degli intermediari finanziari nel dipartimento di Finanza dell’Università Commerciale Luigi Bocconi, Carlo Enrico Paliero, docente di Diritto penale nella facoltà di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Milano, e il professor Alberto Pezzotta, storico del cinema dell’Università IULM. La relazione conclusiva è stata, affidata a Francesco D’Alessandro, docente di Diritto penale commerciale nella facoltà di Economia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore e componente del Comitato direttivo del Midpi.

A testimonianza dei diversi modi con i quali si può affrontare il tema dei white collar crimes, nonché quale indice sintomatico dell’innovatività e della multidisciplinarietà che caratterizzano gli insegnamenti impartiti nel corso del master, l’incontro è stato introdotto dalla proiezione di alcuni materiali filmici relativi al complesso mondo della criminalità economico-finanziaria. Dall’immancabile Wall Street di Oliver Stone del 1987, passando per documentari quali Inside Job (vincitore del premio Oscar nel 2011) ed Enron – L’economia della truffa, fino a proiezioni più recenti quali Margin Call e The Wolf of Wall Street o pellicole di “casa nostra”, come Il gioiellino: un vero e proprio campionario degli orrori che caratterizzano questo tipo di illeciti (emblematiche, al proposito, le intercettazioni telefoniche relative al “caso Enron”).
    
Anche le relazioni che sono seguite hanno dipinto un quadro a tinte fosche. L’avidità è stata individuata quale punto di partenza e propulsore per la commissione dei reati in parola. Se, in una certa misura, questa può essere il motore del mondo della finanza, quella che emerge dai video è una sua versione del tutto diversa, molto più estrema e deteriore, un’avidità non più solamente economica, ma anche ideologica e antropologica.

A farne le spese sono ovviamente le vittime, che subiscono un duplice pregiudizio: economico e morale. Il primo è ovviamente intuitivo, dal momento che il danno più evidente è certamente quello patrimoniale. Non meno grave è, però, il secondo: questo tipo di vittime subisce anche una sorta di “discredito morale”, consistente nell’essersi macchiati della stessa colpa – l’avidità, appunto – del reo. A peggiorare la situazione generale, vi è poi il dato della diffusione di tale versione “patologica” dell’avidità, non confinata a pochi operatori bensì vero e proprio paradigma comportamentale di una cospicua porzione del sistema economico, al punto che si è parlato di “fallimento – anche morale – dell’intero settore”.

È quindi l’intero mondo della finanza, e delle sue regole, che deve essere posto sotto esame e non i singoli casi che vengono di volta in volta alla ribalta. Insomma, ancora una volta, più che un approccio accusatorio, si rende necessario adottare un approccio sistemico, che tenga conto del fenomeno nel suo complesso, evidenziando altresì le relazioni esistenti fra reo, vittima e agenzie di controllo. La necessità di un cambiamento culturale è evidenziata anche dal fallimento dalle politiche repressive: nonostante i reati finanziari siano al vertice della piramide sanzionatoria del diritto penale dell’economia, non sembra, infatti, che questa severità abbia portato a grandi risultati.

Fra le possibili soluzioni, una maggiore azione di enforcement da parte delle autorità di controllo, nonché – ed ecco una delle ragioni fondanti del master – un diverso e più maturo approccio formativo e culturale da parte di tutti coloro che abbiano a che fare con il mondo dell’impresa e dell’economia.

A conclusione del convegno si è svolta la cerimonia di premiazione degli studenti della seconda edizione, cui è stato consegnato il diploma dal professor Forti. È stato conferito anche il premio dell’Associazione dei componenti degli organismi di vigilanza ex d.lgs. 231/2001 (Aodv) all’avvocato Elio Giannangeli, mentre la borsa di studio offerta dallo studio legale Isolabella della Croce – assegnata all’inizio dell’anno accademico – era stata vinta dal dottor Donato Ancona.

Le lezioni della terza edizione del master in Diritto penale dell’impresa avranno inizio il 16 gennaio 2015.