Tassi di ospedalizzazione – Il Rapporto evidenzia una costante riduzione dei tassi di ospedalizzazione in Italia. Per il tasso complessivo la riduzione è del 5,2% nel 2007 rispetto al 2006 e del 7,1% rispetto al 2005. Per la modalità di ricovero in regime ordinario la riduzione è del 4,1% rispetto al 2006 e del 5,7% rispetto al 2005; per la modalità di ricovero in regime diurno è del 7,6% rispetto al 2006 e del 10,2% rispetto al 2005. La maggiore riduzione del tasso di ospedalizzazione, nel periodo considerato, è stata registrata in alcune delle regioni con valore di partenza più elevato: in Abruzzo (263,2‰ nel 2005 vs 217,4‰ nel 2007), nel Lazio (247,0‰ nel 2005 vs 204,3‰) e in Sardegna (226,1‰ nel 2005 vs 197,0‰ nel 2007).
Nel 2007 il tasso standardizzato di ospedalizzazione complessivo a livello nazionale è di 193,0‰ di cui 133,1‰ in modalità ordinaria e 59,9‰ in modalità di Day Hospital. Il tasso di ospedalizzazione complessivo varia, a livello regionale, dal valore massimo della Sicilia (241,7‰) al valore minimo del Friuli Venezia Giulia (149,2‰). Rispetto allo standard normativo del 180‰, solo 9 regioni presentano risultati uguali o inferiori, mentre le restanti 12, tutte del Centro-Sud, ad eccezione della Liguria, Valle d’Aosta e Provincia Autonoma di Bolzano, presentano valori superiori. In generale, tutte le regioni del Sud e delle Isole, presentano un tasso complessivo maggiore anche rispetto alla media nazionale, mentre quelle del Centro-Nord un tasso inferiore, ad eccezione della Liguria, del Lazio e della PA di Bolzano.

Spesa sanitaria pubblica – Per quanto riguarda la spesa sanitaria pubblica rispetto al Pil, si osserva un marcato gradiente Nord-Sud, con un minimo di 4,97% della Lombardia ad un massimo di 10,58% della Sicilia, registrando così un divario che supera i 5 punti percentuali. Il Nord denuncia una percentuale della spesa sanitaria pubblica corrente media rispetto al Pil pari al 5,56%, il Centro pari al 6,61% e il Mezzogiorno (Sud ed Isole) pari al 9,73%. Le regioni del Nord spendono per l’assistenza sanitaria meno del 7,5% del reddito prodotto internamente, con la punta minima della Lombardia con il 4,97%. Le regioni del Sud al contrario destinano alla sanità più dell’8,5% con la punta massima della Sicilia pari al 10,58% circa. Le regioni del Centro si pongono in una situazione intermedia con la percentuale di spesa sul PIL che si colloca nel range 6,14%-7,23%, rispettivamente della Toscana e dell’Umbria.

Spesa sanitaria pro capite - Per quanto riguarda la spesa sanitaria pro capite il Rapporto mostra che, in media nel 2008, il Centro ha la spesa pro capite maggiore (pari a 1.889 €) seguito dal Nord con 1.815 € e il Sud con 1.693 €. Generalmente le regioni meridionali, con l’eccezione del Molise (2033 euro), mettono a disposizione un ammontare di risorse monetarie inferiore rispetto alle regioni del Nord (fatte salve la Lombardia e il Veneto) ed anche alla media nazionale. Nelle regioni del Centro si assiste a una maggiore dispersione dei valori pro capite. Nell’ultimo anno disponibile la spesa per cittadino oscilla da un minimo, registrato in Calabria, di 1.658 € ad un massimo di 2.263 € nella PA di Bolzano, con una differenza di 605 € e con un valore medio nazionale di 1.787 €. Solo in 4 regioni i cittadini hanno a disposizione più di 2.000 € (PA di Bolzano, Valle d’Aosta, Lazio, Molise) e in 4 regioni possono usufruire di meno di 1.700 € a persona (Campania, Sicilia, Sardegna e Calabria).
Rispetto al 2007 tutte le regioni, fatta eccezione per la Campania (-0,24%), hanno aumentato il livello di spesa, con valori che segnano una linea crescente che parte da un minimo di 0,18% della Sicilia, a un massimo di 8,02% del Friuli Venezia Giulia e con un incremento medio nazionale del 2,94%. Anche 5 delle regioni in “difficoltà” finanziaria (Abruzzo, Lazio, Liguria, Molise e Sicilia) e, quindi, soggette ai piani di rientro, hanno aumentato la spesa pro capite. Rispetto al 2002, la spesa sanitaria pubblica pro capite in Italia è cresciuta del 30,06%. A tale valore medio hanno concorso i singoli valori regionali che registrano valori da un minimo di 22,59% nella PA di Bolzano ad un massimo di 45,84% in Molise. La PA di Bolzano denuncia il più basso tasso di crescita pari a 3,45% annuo (+22,59% dal 2002), mentre in Molise si è verificato il più alto tasso di incremento annuo pari al 6,49% (+45,84% dal 2002) con un valore medio nazionale del 4,48%.

Disavanzi - Anche per il 2008, il SSN si presenta complessivamente in disavanzo. Il dato, peraltro ancora provvisorio è comunque inferiore agli anni precedenti: 3,2 miliardi di €, pari a 54 € pro capite. Rispetto al 2007 si confermano in equilibrio finanziario nove regioni: Piemonte, Veneto ed Emilia Romagna (che però, insieme alla Calabria, hanno operato «interventi di copertura a carico dei rispettivi bilanci regionali, anche con risorse rivenienti dalle entrate fiscali); PA di Bolzano e Friuli Venezia Giulia (cui lo statuto speciale garantisce, però, un particolare sistema di finanziamento); Lombardia, Toscana, Umbria e Marche.
Tra le regioni assoggettate a piano di rientro, miglioramenti si riscontrano a livello pro capite in Liguria (-20 € di disavanzo da 2007 a 2008), Abruzzo e Sicilia (per entrambe -48 €) e, soprattutto, in Campania (-63 €). Si aggrava, invece, ulteriormente la situazione di Lazio (+5 € di disavanzo da 2007 a 2008) e Molise (+20 €), che si confermano le regioni più deficitarie sia per il 2008 (rispettivamente 297 € e 228 €), sia nel dato cumulato 2001-08 (rispettivamente 2.036 € e 1.586€).  «Tra le cause dei disavanzi – ha spiegato il professor Anessi Pessina - un ruolo significativo ha spesso l’incapacità di trovare un’armonica ed efficiente combinazione tra pubblico, privato non-profit e privato for-profit, per esempio dimensionando correttamente la capacità produttiva pubblica, nonché dotandosi della volontà politica e delle capacità tecniche necessarie per guidare l’operato degli erogatori privati».
In sintesi tra le principali criticità del Ssn, sotto il profilo economico finanziario, ha evidenziato il professor Anessi Pessina, «un primo elemento critico è indubbiamente l’entità del debito pubblico. La recente crisi finanziaria sta naturalmente stravolgendo dati e posizionamenti. Da tempo, però, il nostro Paese è tra i pochi al mondo a registrare un debito pubblico superiore al Pil. Si conferma così il paradosso della politica sanitaria italiana, perennemente dominata dalle esigenze di contenimento della spesa sanitaria, non tanto per l’entità della spesa stessa, quanto per la difficile situazione complessiva della finanza pubblica. Una seconda criticità è l’evidente difficoltà di rispettare i tetti di spesa. Il Ssn è sistematicamente in disavanzo (54 € pro capite nel 2008, 550 € al lordo dei ripiani nel periodo 2001-08), anche se negli ultimi anni gli squilibri si sono ridotti (i disavanzi pro-capite 2005, 2006 e 2007 sono stati rispettivamente pari a 98, 76 e 61 €). Poche aziende raggiungono il pareggio economico. Solo recentemente alcune Regioni sembrano aver trovato un equilibrio sufficientemente stabile. Visti i livelli complessivamente contenuti di spesa, non si può dire che la prassi dei soft budget constraint (ipotesi di forte contenimento ex ante, aspettative di ripiano in itinere, effettivi ripiani ex post) abbia causato l’«esplosione» della spesa stessa. Certo però ne ha risentito la programmazione e quindi, in molti casi, l’efficacia e l’efficienza della gestione».

Migliora il parco tecnologico del Ssn, aumentano i dispositivi diagnostici - Per quanto si evidenzi una diversa diffusione in Italia delle tre tecnologie TAC, PET e TRM (risonanza magnetica) anche in base alle loro caratteristiche tecniche e alla dimensione dei bacini d’utenza considerati, il peso delle apparecchiature PET in Italia è raddoppiato in quattro anni, con degli incrementi tendenzialmente concentrati nelle regioni del Sud, in particolare in Basilicata. Inoltre, tra il 2003 e il 2006, si può notare un importante aumento del peso relativo delle apparecchiature TRM in tutte le regioni, ad eccezione di Valle d’Aosta, Provincia Autonoma di Trento e Marche in cui si sono maggiormente diffuse in questi anni le apparecchiature TAC. Tendenzialmente, sia nel 2003 che nel 2006, si riscontra una maggiore diffusione della TAC rispetto alla TRM sia a livello nazionale, ma soprattutto nelle regioni del Centro-Sud. Si nota anche un’iniziale tendenza alla sostituzione delle TAC con TRM e PET in tutte le regioni ed in modo marcato in Basilicata e Molise, ad eccezione, per la PET, di Veneto e Friuli-Venezia Giulia in cui la presenza relativa di questa apparecchiatura si è ridotta tra il 2003 e il 2006. Relativamente, invece, al numero di apparecchiature per milione di abitanti emerge che, sia nel 2003 sia nel 2006, l’Italia si colloca al terzo posto rispetto ad alcuni paesi OCSE sia per numero di TAC sia di TRM.
Per quanto riguarda la PET, se nel 2003 l’Italia era al quarto posto, nel 2006 è seconda solo ad Austria e Lussemburgo per numero di apparecchiature per milione di abitanti. Inoltre, rispetto alle raccomandazioni sul numero di PET per milione di abitanti, l’Italia, nel 2006, ha un valore superiore al valore di riferimento (1-1,5 PET per milione di abitanti). Per quanto riguarda, invece, i valori nazionali i dati mostrano che vi è stato per le tre tecnologie prese in considerazione un incremento del numero di apparecchiature per milione di abitanti. In valori assoluti questo trend riguarda soprattutto la TRM (+4,9 TRM per milione di abitanti), ma, in proporzione, la tecnologia che si è resa maggiormente disponibile alla popolazione è la PET (+157%).
L’unica regione che non segue il trend nazionale è la Sardegna in cui si sono ridotte sia il numero di TAC che di TRM per milione di abitanti. In Valle d’Aosta, si è ridotto il numero di TRM ma, in compenso, è raddoppiato il numero di TAC. Le regioni in cui si registra un maggiore incremento del numero di TAC sono tendenzialmente quelle del Centro-Sud, ad eccezione di Toscana e Puglia (dove il numero di TAC per milione di abitanti è aumentato in minore proporzione rispetto al trend nazionale) e la PA di Trento. La stessa affermazione, ma escludendo unicamente la Puglia ed estendendola anche alla Liguria, vale per il trend riscontrato sul numero di TRM per milione di abitanti. Infine, per la PET, non avendo molti dati a disposizione per l’anno 2003, si può solo segnalare che le regioni in cui vi è stato un incremento maggiore di questa tecnologia sono Basilicata e Molise. Rispetto a quest’ultima, si segnala che nel 2006 tale regione ha registrato il maggior numero delle tre apparecchiature prese in considerazione per milione di abitanti, con valori che rappresentano il doppio, se non anche di più nel caso della PET, della media nazionale. «I dati sulle tecnologie biomediche mostrano una variabilità estrema – ha dichiarato il professor Cicchetti. La variabilità non è di per sé negativa ma può nascondere, da un lato, un eccesso di offerta che a sua volta può indurre domanda inappropriata, o una carenza di prestazioni e quindi scarsa copertura dei bisogni. Le dotazioni di alte tecnologie, ad esempio, mostrano un’Italia a due velocità in cui l’innovazione accelera al Nord e rallenta al Sud. La variabilità di dotazione è molto significativa con potenziali sacche di inappropriatezza ed inefficienza che andrebbero analizzate in profondità. La grande disponibilità di TAC nelle Regioni del sud non depone certo a favore dell’appropriatezza delle indagini strumentali».