Mantenere la memoria storica per costruire la cittadinanza. Al seminario L’insegnamento della Shoah nell’educazione alla cittadinanza, che si è svolto presso l’Università Cattolica di Milano, si è riflettuto sull’importanza di un progetto che, da anni, ha l’obiettivo di mantenere viva nelle giovani generazioni la memoria degli eventi legati alla Shoah e alle deportazioni di milioni di innocenti nei campi di concentramento nazisti durante la seconda guerra mondiale. L’idea è che la conoscenza approfondita di questo evento si possa tradurre in arricchimento per i ragazzi di oggi.

Lo sterminio della Shoah è stato il prodotto della xenofobia e dell’intolleranza del passato, sentimenti che serpeggiano anche nella società odierna. La nostra cultura è diventata sempre più multietnica nel corso degli ultimi anni: oggi in Italia tra i banchi delle scuole elementari e medie i figli di italiani siedono accanto a quelli di immigrati romeni, filippini e nord africani. In un contesto di questo tipo le giovani generazioni devono imparare ad accogliere la diversità, già a questa età. In quest’ottica conoscere lo sterminio più atroce nella storia europea, che ha tolto la vita a milioni di persone, colpevoli solamente di essere ebrei, omosessuali o di avere un orientamento politico diverso da quello dominante, significa dare agli studenti la possibilità di riflettere sui diritti e i doveri di ciascun cittadino e di sviluppare una naturale avversione nei confronti del pregiudizio, del razzismo e della discriminazione.

È innegabile che oggi in Italia esista nella nostra cultura un pregiudizio radicato nei confronti degli immigrati, in virtù del quale queste persone sono considerate disoneste e fuori legge. Il pregiudizio dà luogo a una serie di episodi di intolleranza e discriminazione. A volte è solo uno sguardo diffidente per la strada, oppure il gesto di avvicinare a sé la borsa sui mezzi pubblici quando sale un immigrato, ma altre sono botte e sprangate. Gli episodi recentemente si sono moltiplicati: nell’ottobre dello scorso anno un giovane cinese è stato accerchiato e picchiato a Roma da un gruppo di minorenni; Abdul Salam Guibre aveva 19 anni ed è stato ucciso in strada a Milano per un pacchetto di biscotti; nelle scuole sono stati innumerevoli gli episodi di bullismo nei confronti degli studenti figli di genitori stranieri. Le prede però non sono solamente gli immigrati, ma anche le persone più deboli, i disabili  e spesso gli omosessuali, come ha registrato di recente la cronaca. Tutti questi episodi devono essere evitati e condannati. Il dato più preoccupante è che gli aggressori sono nella maggior parte dei casi giovani o giovanissimi e per questo motivo è necessario sensibilizzare i piccolissimi.

Da qui il ruolo fondamentale della scuola e degli insegnanti in questo percorso. Il progetto di educazione alla non violenza si colloca nello spazio educativo Cittadinanza e Costituzione, una disciplina di studio introdotta dalla legge 169 del 30 ottobre 2008 nei programmi didattici di tutte le scuole di ogni ordine e grado. L’obiettivo è insegnare una corretta competizione sportiva, i valori del volontariato e il rispetto delle regole, oltre che l’educazione civica, ambientale e alla salute, per promuovere la convivenza e la tolleranza nella società. In realtà sono anni che diverse istituzioni si occupano della formazione degli insegnanti in questa direzione: l’associazione Figli della Shoah di Milano, il Memoriale Yad Vashem di Gerusalemme, lo USC Shoah Foundation Institute for Visual History and Education presso la University of Southern California, il Mémorial de la Shoah a Parigi. L’obiettivo comune è fare del ricordo, non solo rievocazione del passato, ma formazione per il futuro.