Dal 13 Agosto del 1961 Berlino è squarciata da 155 km di filo spinato. Raggiungere Berlino Ovest diventa un crimine di cui molte persone si macchiano per potersi ricongiungere a famigliari ed amici, perdendo la vita pur di fuggire da quel muro che, a detta dal regime della Ddr, viene eretto come “barriera di protezione”. I ventotto anni che seguono sono terribili, atroci, disumanizzanti e, proprio per questo, non possono, non devono essere dimenticati. La letteratura ha, in questa prospettiva, un ruolo molto importante: è il luogo all'interno del quale la memoria si conserva per evitare di ripetere errori che condizionino tragicamente la vita delle persone. Claudia Rusch, che ha presentato il suo romanzo La Stasi dietro il lavello nell'Aula Magna dell'Università Cattolica, è una scrittrice che ha onorato questo compito, perché con i suoi libri è riuscita a conservare la memoria e il senso profondo del dramma di questi anni. Pubblicata da Fischer, editore di Kafka e Thomas Mann, l'opera fa riferimento all'esperienza della giovane adolescente nella libera gioventù tedesca, cioè in quell'ambito in cui si trovavano tutti coloro che sono vissuti “al di là del muro”, nella Germania dell'Est.

Il titolo originale è ambiguo e provocatorio: Meine freie deutsche Jugend, letteralmente La mia libera gioventù tedesca e si presenta quindi non come una semplice autobiografia, ma come necessità interiore di fare i conti con il proprio passato e raccontare la propria storia, che coincide anche con quella della Germania dell'Est. Quella dell'autrice è una denuncia atipica del periodo della Ddr: per la prima volta una scrittrice dell’altra Germania non guarda esclusivamente alla storia che impera inequivocabilmente sull'uomo, opprimendolo, ma svolge invece una ricerca di verità su se stessa e sulla realtà in cui è cresciuta.

La prima storia, Il traghetto per la Svezia, apre il libro e, al contempo, la vita da Geschichterzaehlerin (narratrice di storie) della Rusch, che durante la sua infanzia sogna la Svezia, irraggiungibile al di là del Mar Baltico: “la mia personale Cortina di Ferro”. È proprio rivedendo il traghetto dopo anni che l'autrice allora trentenne è travolta dal sentore di avere una vocazione nella vita: «In quel momento è stato come se una cascata di acqua avesse abbattuto i muri e aperto il canale della scrittura».

Che quella della Rusch sia una vera vocazione a narrare lo confermano l'inventiva e l'originalità dei suoi titoli, tra cui quello della seconda storia, La Stasi dietro il lavello. Come negli altri capitoli, dietro a una superficie di ironia si cela un'angoscia indisponente, risultato della situazione ostile e avversa del periodo. La diciottenne Claudia Rusch vive la propria vita da giovane studentessa in un contesto anomalo che è da lei recepito come normale. Solo scontrandosi con opinioni e realtà diverse dalla sua riesce a mettere a nudo la verità oggettiva, non senza soffrire a causa della propria ingenuità. La caduta del muro nel 1989 è quasi una caduta delle certezze: la reazione della ragazza, insieme a quella di moltissimi abitanti della Germania dell'Est, è di confusione. «Non è arrivata la musica degli happy ending dei film americani, mentre smantellavano il muro», scherza l'autrice. «Nella vita le ferite sono difficili da sanare».

Saltare al di là del muro non è azione accolta da giubilo quanto da sguardi frastornati. L'idea di una Germania unita non può far altro che spaventare persone che l'hanno sempre conosciuta come divisa. Gli Ossi vengono trattati con arroganza dai Wessi, che li identificano con il simbolo della banana a causa della loro curiosità e del loro interesse nei confronti di tutti i prodotti esotici proibiti nella Ddr. Nonostante i disagi del primo periodo, in ogni caso, è solo grazie al clima della Germania unita che la scrittrice può condurre delle ricerche approfondite su suo nonno, morto in un carcere della Ddr in circostanze sospette. La verità viene alla luce proprio grazie alla lettura ad alta voce del romanzo, via radio: un ascoltatore la contatta e, commosso, le confida che suo nonno è morto tra le sue braccia. Ancora una volta la letteratura risolve, riunifica e, puntuale, ricorda.