Testimoni, maestri. Aula Pio XI, 18 maggio 2011Qualcuno di loro ha tenuto affollatissime lezioni nelle aule di largo Gemelli, come Giuseppe Lazzati o don Luigi Giussani. Altri hanno aperto schiere di giovani al dialogo interculturale e interreligioso, come Chiara Lubich e Frère Roger a Taizé. Tutti hanno incarnato la lezione di papa Montini che vedeva, per il nostro tempo, la necessità più di testimoni che maestri. Sforzandosi di coniugare, in mezzo ai giovani, l’insegnamento con le parole e quello con la vita. Sono stati loro i protagonisti del convegno Testimoni, maestri. Annunciare il Vangelo, educare i giovani, organizzato dal Centro di ricerca sulle Relazioni interculturali, dal Centro pastorale dell’ateneo e dall’Editrice "La scuola" di Brescia lo scorso 18 maggio in aula Pio XI a Milano.

«In molti evidenziano nella nostra società un’eclissi di responsabilità educativa - ha detto introducendo i lavori il rettore Lorenzo Ornaghi -. Per questo dobbiamo riscoprire la categoria della testimonianza, secondo la famosa espressione di Paolo VI nell'esortazione apostolica Evangelii Nuntiandi ripresa anche dagli Orientamenti pastorali dell'Episcopato italiano per il decennio 2010-2010: "L’uomo contemporaneo ascolta più volentieri i testimoni che i maestri, e se ascolta i maestri lo fa perché sono anche testimoni credibili e coerenti della Parola che annunciano e vivono"».

Il vero testimone è un educatore autentico che sa entrare e insegnare ai giovani ad entrare nel cuore della realtà, come ha ricordato monsignor Sergio Lanza, recando i suoi saluti e richiamando l'Università Cattolica ad essere "matrice di cultura e di culture", alimentando la gratuità e il dono nell'educare, sollecitando "domande irresistibili", educando alla vita virtuosa. Il testimone, ha ricordato Milena Santerini, direttrice del centro di ricerca sulle Relazioni interculturali, è anche maestro quando mostra l'amore per il sapere, quando apre alla parola e alla libertà, insegna attraverso la stessa esistenza. Giuseppe Lazzati, Luigi Giussani, Chiara Lubich, Jean Vanier, così come l'esperienza di Taizè e la Comunità di S. Egidio evidenziano che si educa testimoniando e, in ogni insegnamento, c'è una interiore apertura al carisma.

E proprio il rapporto tra carisma e storia è stato il focus dell'intervento di Andrea Riccardi, docente di Storia Contemporanea all'Università Roma Tre e fondatore della Comunità di Sant’Egidio, che ha presentato i diversi testimoni-maestri contestualizzandoli nelle diverse stagioni culturali del Ventesimo secolo: persone che si sono assunte la responsabilità di educare, incarnando «la creativa libertà spirituale e la fedeltà alla Chiesa», in stretto rapporto con il Papa e illuminati dal Concilio Vaticano II.

Un’eredità che deve ritrovare lo "slancio educativo" che il ventennio appena terminato ha visto spegnersi, così ha affermato monsignor Franco Giulio Brambilla, preside della Facoltà teologica dell’Italia Settentrionale e vescovo ausiliare della diocesi ambrosiana. Il testo programmatico dei Vescovi Educare alla vita buona del Vangelo prende avvio dalla situazione attuale dell'educazione "in un mondo che cambia", andando fino alle radici più profonde di questa emergenza, cogliendo la sfida che essa pone: il rischio di escludere la relazionalità e la dimensione etica dalla questione dell'educazione. La persona diviene se stessa nella relazione (dimensione transitiva dell'educazione), che si distende nel tempo (dimensione drammatica), necessita di tempo, pazienza, accompagnamento, identità critica e creativa (dimensione narrativa). Oggi è difficile trasmettere la vita buona, perché l'opera educativa è "liquida", incapace di dare forma, e senso, alla vita umana; è necessario ritrovare un paradigma educativo significativo, un rapporto che richiami alla generatività e, quindi, alla genitorialità, riproponendo in un'atmosfera di libertà il legame tra autorità ed educazione, perché dare alla luce, cioè generare, implica anche la responsabilità di dare una luce per vivere, un'identità, una capacità di scegliere la vita buona.

La seconda parte del convegno, sotto la guida del professor Luciano Pazzaglia, direttore della Collana "Maestri. Testi e profili" dell’Editrice La Scuola, ha presentato alcune figure che continuano ad attrarre giovani alla ricerca di un significato. Attraverso la testimonianza diretta e l'attenta disamina storico-educativa di Luciano Caimi, docente di Storia della pedagogia, è stato delineato il profilo di Giuseppe Lazzati, la sua "esperienza eroica" di giovane apostolo militante, attento alla promozione di tutto l'uomo, "politico suo malgrado", che seppe testimoniare ai giovani e a tutto il laicato l'importanza della corresponsabilità ecclesiale, del discernimento vocazionale, vivendo in prima persona una profonda diaconia pedagogico-spirituale.

 

Franco Nembrini, rettore della Traccia di Calcinate, ha mostrato la pertinenza del messaggio cristiano nella vita di monsignor Luigi Giussani, figura carismatica della chiesa ambrosiana, come Lazzati. Don Giussani ha saputo rendere la fede comunicabile ai giovani, sottolineando che il cristianesimo è un fatto, un avvenimento, un incontro, come per Giovanni ed Andrea ("e da quel giorno lo seguirono" Gv 1, 39).

Tra questi educatori/testimoni spicca anche il nome di una donna, Chiara Lubich, che pose al centro della sua esperienza di vita Gesù-maestro, il crocifisso risorto, che nella Trinità mostra la primarietà ontologica della relazione e l'importanza del principio comunitario, in una tensione costante all'unità. Ed è proprio l'unità, il carisma di Chiara, come ha ricordato monsignor Vincenzo Zani, sottosegretario della Congregazione per l'Educazione cattolica della Santa Sede, unità e relazionalità percorrono tutta l'esperienza di questa maestra fondatrice del Movimento dei Focolari, seguendo il dettame della pedagogia evangelica: affinché "tutti siano una cosa sola", vivendo una fraternità universale nelle parole e nella testimonianza personale.