La Libia è un paese frammentato e diviso, luogo di penetrazione del radicalismo islamico con "infiltrazioni" significative da altre aree, per esempio dalla Siria, che si propone come potenziale minaccia nel processo di transizione democratica.

Una ricerca promossa recentemente dal ministero degli Affari Esteri sugli attuali assetti del paese nord africano è stata l'occasione per i due studiosi dell'Università Cattolica Marco Lombardi (docente di Sociologia e Gestione del rischio e crisis management) e Riccardo Redaelli (docente di Geopolitica) di toccare con mano la situazione delicata di questo Paese attraverso la testimonianza del vicario apostolico di Tripoli, monsignor Giovanni Innocenzo Martinelli.

Dalle decadi di Gheddafi ai momenti rivoluzionari della Primavera Araba monsignor Martinelli ha raccontato la sua esperienza con la consapevolezza delle difficoltà incontrate ma anche del clima di fiducia che caratterizza i rapporti tra cristiani e musulmani.«La comunità cristiana in Libia è una minoranza però che esiste - dice monsignor Martinelli: cattolici, greci ortodossi, anglicani e soprattutto copti, i più numerosi. Il gruppo cattolico ha subito le medesime trasformazioni che caratterizzano la Chiesa di questo periodo, ossia una contrazione dei partecipanti europei e un incremento significativo di africani e asiatici». Per la Libia questo si è concretizzato nella presenza di numerosi africani sub sahariani - dalla Nigeria tribolata in particolare - e di circa cinquemila filippini, di cui per la maggior parte donne impegnate come infermiere in molti ospedali. «Le donne sono la mano destra del Ministero della Sanità  - aggiunge monsignor Martinelli -  disperse negli ospedali più solitari e lontani del Paese», che si guadagnano la stima e il rispetto con il lavoro, testimonianza di fraternità in una terra in cui è vietata ogni forma di predicazione e missione.Questa operativa presenza laica e cristiana si è in parte sostituita al palese lavoro delle nostre suore, che hanno dovuto lasciare Derna e Bengasi, dunque l'est del Paese, dove è rilevante le presenza dell'estremismo salafita radicale.

A proposito del governo libico monsignor Martinelli rileva positivamente la consapevolezza diffusa dei rischi e al tempo stesso una forma di ottimismo tra la gente, determinata a seguire la speranza ravvivata dalla rivoluzione. «La popolazione chiede con urgenza una soluzione, scontrandosi con i tempi lunghi della negoziazione politica. Ciò comporta la necessità di una attenta gestione delle aspettative». Infatti, il governo, frammentato come il Paese al suo interno, è alle prese con questo futuro da scrivere (di cui il primo atto sarà la Costituzione) e ancora non sembra avere dimostrato grande interesse a interloquire con la minoranza cristiana. «Siamo tollerati e rispettati per il nostro servizio» - sottolinea Monsignore. La gente ci ha dimostrato vicinanza anche durante la rivoluzione, anche se non sempre i rapporti sono facilitati dalle azioni "interventiste" della compagine evangelica. Una dimostrazione del rispetto guadagnato con il dialogo, è la nunziatura in costruzione accanto alla Chiesa a San Francesco, che sorge su un terreno acquistato grazie al favore testamentario di un anziano tripolino, musulmano. Così il nuovo nunzio, monsignor Aldo Cavalli, insediato a Malta nel febbraio 2013, potrà presto partecipare alla Mensa dei cattolici libici».