Le funzioni di Tutorship: come definire, quale valore aggiunto crea, come evolve la figura del tutor nell'ambito dei master universitari e come si caratterizza nello "stile" specifico dell'ateneo? Se ne è discusso giovedì 27 giugno in occasione del workshop :"Le funzioni di tutorship e la qualità nei Master universitari: lo stile della casa in Università Cattolica", organizzato dalla direzione Didattica, formazione post-laurea e servizi agli studenti, con le Alte Scuole.

Punto di partenza, la presentazione dei risultati di una ricerca, condotta da Giuseppe Scaratti e Cesare Kaneklin, docenti di Psicologia del lavoro e delle organizzazioni dell'ateneo, che ha focalizzato alcune esperienze di tutorship nell'ambito percorsi formativi di eccellenza. La ricerca ha inteso sviluppare un'osservazione particolare rispetto alle funzioni specifiche nella conduzione dei percorsi di Master e all'impatto sul livello qualitativo percepito dai diversi stakeholders coinvolti (corsisti, Istituzione, uffici amministrativi dell'Ateneo, aziende ecc). Attraverso questo punto di osservazione privilegiata si sono identificati alcuni tratti salienti che contraddistinguono lo "stile della casa" in Università Cattolica. Il workshop è stato l'occasione per un confronto sui risultati di questa indagine con referenti di primarie realtà aziendali: Emilia Rio, direttore HR e Patrimonio Immobiliare di A2A e Francesco Mantovani, direttore Sviluppo e formazione Risorse Umane di Finmeccanica, in un dibattito coordinato da Mauro Meda, Segretario Generale ASFOR.

Premessa ai lavori, le motivazioni alla base del percorso di master universitario, che nasce per promuovere conoscenze e apprendimenti generativi di traiettorie professionali, identità lavorativa e progettualità professionale, e che ha come oggetto una possibile trasfigurazione, un processo di costruzione/riconfigurazione della propria professionalità. In questo contesto e con riferimento al ruolo della tutorship, lo "stile della casa" Università Cattolica si configura in particolare nella "teoria praticata" di elementi distintivi: l'attenzione alla persona; la cura dei processi di apprendimento e delle dimensioni organizzative; l'individuazione dello stage come spazio di formazione "privilegiato", in cui agiscono le dicotomie tra desiderio di una realizzazione professionale e la realtà, la ricerca di un lavoro o la riqualificazione, l'apprendimento della pratica.        

La funzione del tutor, portatore di esperienza, ma anche di riflessione sulla stessa, tecnico esperto e mediatore tra teorie, conoscenze e abilità si conferma centrale, particolarmente nell'orientamento alla scelta e alla selezione, e nell'attenzione al progetto professionale per realizzare quello che il professor Scaratti ribadisce essere fondamentale: la trasfigurazione dello studente, "motore" del master, attraverso il passaggio dal concetto di "trasmissione del sapere" in senso puramente accademico, a quello di "costruzione del sapere",  applicato a pratiche specifiche.

Il ruolo del tutor nel contempo trait d'union del gruppo aula, guida esperta della materia, garante del set formativo e connettore con l'esterno è ben evidenziato e testimoniato dai case histories presentati, a partire da quello, peculiare per dimensioni e caratteristiche specifiche, di Davide Mambriani, forte di un'esperienza più che ventennale nel master in Management agro alimentare di Smea, l'Alta Scuola di Management ed Economia Agro-alimentare con sede a Piacenza, che si concentra sul processo, particolarmente mirato, di valutazione degli allievi, "strumento formidabile di attenzione allo studente che contribuisce a realizzare l'obiettivo dell'Alta Scuola, il successo occupazionale, anche attraverso il match profilo/azienda, meccanismo di formulazione di corrispondenza tra «caratteri dell'allievo» e  necessità aziendali".

Sempre in coerenza con lo "stile della casa" ma da una differente prospettiva, la testimonianza della professoressa Costanza Marzotto, relativa al monitoraggio e alle evidenze empiriche che comprovano la trasfigurazione professionale, esemplificata dai casi di tre profili presi in esame, partecipanti al master biennale "executive" in Mediazione familiare e comunitaria di Asag - Alta Scuola di Psicologia "Agostino Gemelli". Il master come percorso di mediazione dei conflitti; "nella valutazione iniziale di formabilità", sottolinea la professoressa, si richiede "un ingaggio soggettivo del candidato" la riuscita, ribadisce,"non dipende solo dall'Università, ma anche dall'impegno personale". Lo scopo è certamente l'apprendimento e l'applicazione di tecniche, ma di porre in essere quanto recepito attraverso una "mentalità nuova", grazie proprio al processo di cambiamento intervenuto durante e al termine del percorso formativo.

In un contesto complesso e in evoluzione costante - anche da un punto di vista di inquadramento professionale - come quello culturale, la funzione di tutorship concepita come lavoro "in team" con la Direzione didattica, i tutor coordinatori e quelli di stage, risulta essenziale per arrivare alla definizione di un portfolio dettagliato delle competenze dei corsisti, e quindi all'individuazione degli stage per la realizzazione dei progetti. È l'esperienza di Luca Monti del master in Ideazione e Progettazione di Eventi Culturali - Mec e di Ivana Vilardi del master Progettare Cultura. Interventi d'arte, cultura e design per città, imprese e territori (in collaborazione con il Poli Design di Milano), organizzati da Almed - Alta Scuola in Media, Comunicazione e Spettacolo. Anche in questo caso, grande attenzione è dedicata agli allievi, affinché realizzino gli obiettivi di apprendimento (la comprensione del committente, l'ideazione e l'elaborazione di un progetto, superando fasi di valutazione dei docenti, interne all'aula e di self-assessment). La classe si misura effettivamente con produzioni reali e incontri con committenti esterni che in alcuni casi accolgono il progetto in una realtà professionale e competitiva. 

 Molteplici dunque gli spunti ripresi e messi in discussione da Emilia Rio e da Francesco Mantovani (Finmeccanica S.p.A.) nel confronto a seguire, moderato dal Mauro Meda, su "Efficacia della formazione e professionalizzazione. Le sfide, i risultati" e dall'intervento di chiusura del professor Kaneklin. Emergono chiaramente aspetti necessari, come il fare rete e il generare innovazione, e contemporaneamente le difficoltà e le sfide determinate dall'impatto con il mondo del lavoro. Emilia Rio si riconduce alla riflessione della prof.ssa Marzotto sulla rilevanza dell'approccio individuale all'esperienza professionale; per quanta attenzione possa essere posta durante il percorso formativo, sta alla persona agire proattivamente e sapersi adeguare alle complessità e alla durezza del contesto lavorativo, particolarmente in quello attuale di prolungata crisi.  La sfida è come il master possa rispondere a questa criticità; una possibile soluzione, propone Rio, è quella di considerare, in sede di valutazione e selezione del corsista, anche i requisiti legati alle esigenze e alle specificità dalla realtà aziendale. 

Per Mantovani, il prezzo della "non trasfigurazione" è l'unemployment; l'apporto dell'allievo è imprescindibile quindi, in termini di impegno, resilienza e motivazione. L'apprendimento deve essere continuativo, a maggior ragione in realtà di grandi dimensioni e di livello internazionale come quella di Finmeccanica, che propone corsi al proprio interno, anche per figure senior che incontrano maggiore difficoltà nel porsi in ascolto e tralasciare l'autoreferenzialità per migliorare la performance di un team di lavoro. Torna la criticità del passaggio dall'insegnamento all'apprendimento, che per essere risolta richiederebbe il supporto di figure precise (Mentor, Training Manager e Subject Matter Manager). Il professor Kaneklin parla dell'«agire organizzato» di tutor, coordinatori, docenti e allievi per sviluppare un sistema di relazioni attorno a un obiettivo atteso e facilitare il trasferimento trasmissione/apprendimento.

La sfida è aperta, ma il contributo di e la cooperazione tra tutti gli attori coinvolti, attraverso, per esempio, la condivisione di strumenti di measurement e di temi tra Università e mondo aziendale, la responsabilizzazione, il porsi in ascolto e il saper dare il proprio contributo proattivo da parte dell'allievo, permettono di immaginare soluzioni che rinnovino e rendano sempre più realizzabile in termini quantitativi e qualitativi, la "pretesa" alla base del percorso di master: sapere, saper(si) cambiare, saper interpretare, affrontare, ma anche determinare e anticipare le complessità del mondo del lavoro, attraverso una evoluzione personale continua e parallela.