L’essere umano può esistere solo in comunità. Per questo è interesse di tutti rendere il vivere insieme il più piacevole possibile. È l’invito avanzato dai relatori del seminario internazionale intitolato Promuovere convivenza e coesione sociale: la mediazione dei conflitti nel lavoro di comunità che si è svolto il 10 ottobre nella sede bresciana della Cattolica. L’incontro scientifico è stato promosso della facoltà di Psicologia dell’Università, con il patrocinio della Società italiana di Psicologia di Comunità (Sipco). Sono intervenuti Serge Charbonneau, direttore del Regroupement des Organismes de Justice Alternative e Mediatore Penale per il Service Correctionnel du Canada, Giancarlo Tamanza, docente di Psicologia clinica della Cattolica, Elvio Raffaello Martini, presidente della Martini&Associati e membro del direttivo Sipco, e Silvano Corli, Consulente e Formatore dell’Istituto di Mediazione familiare e sociale di Brescia.
 

L’ospite canadese ha parlato del modello di mediazione sociale utilizzato nel suo paese per affrontare i conflitti di quartiere, di condominio e con i vicini di casa, un servizio ancora poco richiesto in Italia che precede la mediazione penale, quando la denuncia ormai è già stata avviata. «La mediazione fa parte integrante della nostra vita quotidiana - ha spiegato Charbonneau - la viviamo in prima persona quando dobbiamo relazionarci e adattarci agli altri, ai loro pensieri e i loro discorsi. La cosa più importante da fare è svilupparla malgrado i suoi punti di debolezza, cosicché siamo in grado di applicare il miglior modello possibile».

Il modello canadese è molto simile a quello ideato dalla facoltà di Psicologia della Cattolica e ora messo in pratica dall’istituto di Mediazione familiare e sociale, nato da un gruppo di mediatori formatisi presso l’Università Cattolica di Milano. Negli anni l’istituto ha collaborato con amministrazioni pubbliche e enti privati nella progettazione e realizzazione di servizi inerenti la gestione del conflitto e la mediazione.