La professoressa Cristina Castelli con le Memory BoxQuasi una scatola magica per aiutare i bambini a ricucire le ferite del passato. È la “sorpresa” che contiene la Memory Box, un progetto che nasce nell’ambito del master “Relazioni d’aiuto in contesti di vulnerabilità e povertà nazionali ed internazionali” per supportare i bimbi che, a causa di una situazione familiare difficile, di gravi malattie o catastrofi, vivono la sofferenza della solitudine e dell’esclusione sociale. Promuovere con i bambini la riflessione e il ricordo attraverso il disegno e la scrittura aiuta il bambino a ricostruire gli eventi del passato insieme ai familiari o ad un educatore. Questa memoria, diventando racconto, lo sostiene nel superamento di traumi e disagi psicologici, nella crescita e nel diventare più consapevole delle proprie radici e del proprio essere nel mondo. Perché, come ci ricorda il celebre psicologo Bruno Bettelheim, il mondo della narrazione permette la ricerca del senso del vivere. Infatti, quando i bambini vivono situazioni di vulnerabilità, raccontare per dare significato agli accadimenti è fondamentale per riformulare il passato con gli occhi del presente e del futuro. Nelle scatole appositamente predisposte e che i bambini possono disegnare o colorare si mettono oggetti, immagini, ricostruzioni scritte o grafiche di eventi, vissuti, lettere, fotografie e tutto quanto rimanda a tristi o gioiose memorie.

Le origini del progetto in Africa
Nella città di Pemba in Mozambico, le persone affette da Hiv/Aids, male estremamente diffuso in questo Paese, vengono stigmatizzate, dicriminate e abbandonate. I bambini vivono la malattia e la perdita dei propri genitori senza conoscere le motivazioni e l’origine di una tale sofferenza e non ricevono alcun sostegno per affrontare il dolore e la solitudine legati al vuoto lasciato dalla perdita dei propri cari. La Memory Box, ideata dal Centro Sinomlando dell’Università di KwaZulu-Natal, è nata proprio per supportare questi bambini. Studenti e tirocinanti del master hanno partecipato a questa azione umanitaria anche grazie alle borse di studio offerte da Educatt dell’Ateneo.

Dal Mozambico all’Italia
Il progetto “Memory box” può essere applicato a diversi contesti come la realtà del carcere che per molti bambini significa la lontananza forzata da uno o entrambi i genitori. L’imbarazzo di spiegare la propria condizione e la difficoltà di condividere il proprio mondo con gli altri, soprattutto con i coetanei, provoca un disagio che spesso si traduce in stati di emarginazione e solitudine da cui deriva una sofferenza profonda. Condividere con i genitori i ricordi dei momenti trascorsi insieme aiuta i bambini ad affrontare più serenamente il lutto provocato dalla loro lontananza, malattia o perdita. Il progetto “Memory Box Natale” vuole fornire il supporto psicologico necessario a favorire il contatto e lo scambio di memorie tra genitori e figli.

Così, per i bambini queste non saranno più delle semplici scatole ma dei preziosi serbatoi che raccolgono le storie raccontate dai genitori, l’albero genealogico, gli oggetti loro appartenuti, le fotografie. Un aiuto importante per i ragazzi potrebbe essere rappresentato dalla famiglia che si riunisce per il momento della decorazione della “Memory box”. La condivisione di questo momento creativo romperebbe il silenzio dovuto al disagio momentaneo e creerebbe lo spazio e le premesse per affrontarlo.

Delle 600 Memory Boxes realizzate a Milano, 200 sono state utilizzate per il carcere di S. Vittore e il carcere di Opera, le restanti sono state acquistate da diverse Associazioni come il Girasole, Il Centro per il Bambino Maltrattato, il Centro per la cura del trauma nell’infanzia e nella famiglia, L’Albero della macedonia.