Le lavoratrici polacche, i migranti egiziani e i contadini kenyoti. In tutto il mondo a pagare i costi più alti della crisi sono le persone, specie le più svantaggiate. Il risultato è una polarizzazione della ricchezza senza precedenti. Ma la recessione ha anche messo in discussione un intero sistema finanziario e forse il capitalismo stesso. Di tutto ciò si è parlato nel seminario “Finanza e Persona” promosso dall’Università Cattolica per far discutere il mondo accademico e il terzo settore sul rapporto tra etica ed economia globale. L’occasione è stata la presentazione del rapporto Social Watch 2009 in cui per la prima volta si analizzano dal basso i costi sociali della crisi e le risposte dei governi e della società civile. Social Watch è una rete di Ong attiva in oltre 60 Paesi, che da tredici anni studia gli sviluppi nella lotta alla povertà e per la parità di genere a livello nazionale e internazionale.

A introdurre i lavori, Angelo Caloia, docente di Economia politica dell’Università Cattolica e allievo dell’ex rettore Francesco Vito, che già negli anni ’30 scriveva il libro Economia al servizio dell’uomo. Caloia ha ricordato che la finanza contiene in sé una dimensione etica, perché si basa sulla fiducia. Quando però prevalgono gli obiettivi a breve termine e le rendite a scapito della produzione, il sistema finanziario cresce in maniera sregolata e autoreferenziale, pervade ogni ambito della società, producendo squilibri sociali e minando i principi del capitalismo. È allora necessaria, spiega Caloia, una nuova sintesi tra diritti e doveri, tra libertà economica e responsabilità sociale per riportare la persona al centro del modello di sviluppo.

Secondo Antonio Tricarico, rappresentante della campagna per la riforma della banca mondiale e di Mani Tese – una delle Ong all’interno di Social watch – è necessario «sciogliere la commistione tra economia reale e capitale speculativo». Per farlo serve più trasparenza, un’etica del profitto che respinga i ricavi troppo facili della speculazione selvaggia e una nuova governance mondiale in una logica solidale. All’inizio della crisi, ricorda Tricarico, si era parlato di una nuova Bretton Woods, idea troppo presto accantonata.

Sabina Siniscalchi di Banca Etica ha raccontato come Social Watch denunci da anni le conseguenze sociali dei meccanismi economici, tra cui il forte aumento delle diseguaglianze, anche in ambito nazionale. In Italia il 10% delle famiglie più ricche detiene il 45% della ricchezza totale. Infine David Recchia delle Acli ha sottolineato il ruolo del terzo settore nell’integrare il welfare e proporre un nuovo modello di sviluppo.

Il seminario è stato anche l’occasione per il preside della facoltà di Scienze politiche, prof. Alberto Quadrio Curzio, per promuovere la nuova laurea magistrale in Politiche di cooperazione internazionale allo sviluppo, che partirà dal prossimo anno.