Mercoledì 3 giugno, con l’ultimo incontro del ciclo Per educare / educarsi alla bellezza si è conclusa la stagione di incontri ideati dal professor Giovanni Gasparini e dalla professoressa Antonella Sciarrone Alibrandi che, con il supporto di Educatt, hanno offerto agli studenti dei collegi ma anche a tutti i frequentatori dell’Ateneo, numerose occasioni di riflessione e di incontro con personalità di spicco della cultura, nella più vasta accezione del termine.

Dopo l’incontro, duro ed emozionante, con Domenico Quirico, che sul tema della “Bellezza del male” aveva declinato il racconto della sua esperienza durante il sequestro in Siria, questa volta ospite è stata la poesia: un’ampia scelta di componimenti, di ogni tempo e di diverse letterature dall’oriente (Saigyo, Daigu Ryokan, Rabindranath Tagore) all’occidente (S. Francesco, Leopardi, Dickinson, Eliot, Pasternak, García Lorca, Luzi, Szymborska, Tranströmer), recitati da Christian Poggioni e incorniciati dalle parole di Gasparini e di Roberto Diodato, docente di Estetica nella facoltà di Lettere e filosofia, nel Giardino di Santa Caterina.

La proposta era «sfidante», per usare le parole di Antonella Sciarrone, che ha introdotto l’evento: in un momento di sospensione delle lezioni, in cui gli studenti sono impegnati nella preparazione degli esami, decidere di dedicare un pomeriggio alla poesia poteva sembrare un azzardo. E del resto è proprio la poesia che, in ogni sua incarnazione, sfida il tempo e diventa eterna e ubiqua.

Come ha osservato Gasparini «il poeta esiste proprio per ricordarci qualcosa che va oltre il quotidiano e ci chiede di fermarci per dare spazio al sogno», ma ci chiede anche uno sforzo per comprendere un linguaggio che non è quello di tutti i giorni, altamente simbolico, metaforico, ritmico. «Leggere la poesia», secondo Diodato «è un’arte, perché la poesia è una vicenda estrema».

In un ideale percorso che dal Giappone di Ryokan – contemporaneo di Leopardi – è risalito fino alle origini della nostra letteratura, con la significativa conclusione dell’incontro scandita dalla lettura del Cantico delle Creature, quello che colpisce è il paradosso estremo: «Abbiamo letto - ha detto Diodato - poesie che sono nate in un’altra lingua, in un’altra cultura, che alla lettura avevano un altro suono; eppure le abbiamo capite, vi abbiamo trovato la bellezza: quanto più la poesia si radica nell’individualità, tanto più diventa universale».

L’azzardo, dunque, era voluto; e fortunato chi ha colto l’invito.