Sono passati 1.700 anni dall’Editto di Milano dell’imperatore Costantino. E l’anniversario, già ricordato dal cardinale Angelo Scola durante il tradizionale discorso alla città alla vigilia di Sant’Ambrogio, diventa oggi occasione per conoscere meglio ciò che avvenne nel 313 dopo Cristo, e determinò non solo «la fine progressiva delle persecuzioni contro i cristiani, ma soprattutto, la nascita della libertà religiosa».

 

Da sinistra, il rettore Franco Anelli, il cardinale Angelo Scola e il preside della facoltà di Lettere e filosofia Angelo Bianchi


Per riflettere sul significato di quel documento, Università Cattolica, Biblioteca Ambrosiana e Università degli Studi di Milano hanno promosso un convegno internazionale: quattro giorni con i maggiori esperti di Storia romana, per «affrontare lo studio particolareggiato dell’Editto, le sue conseguenze storiche e la sua rilettura nelle diverse tradizioni europee». A dare il via alla sessione inaugurale (testo completo pdf), mercoledì 8 maggio, dopo i saluti del rettore Franco Anelli e del preside della facoltà di Lettere e filosofia Angelo Bianchi, c’era proprio l’arcivescovo Scola. «Non si può negare che l’Editto abbia un significato epocale», ha detto il cardinale. «Con esso emergono per la prima volta le due dimensioni che oggi chiamiamo libertà religiosa e, in maniera indiretta, quella che secoli dopo verrà chiamata laicità dello Stato». Ma il cammino verso questa libertà non si risolve una volta per tutte. Al contrario, esso rappresenta oggi «un’emergenza sempre più globale». Lo si vede, guardando a Oriente, ai paesi in cui crescono le persecuzioni verso coloro che professano una fede diversa da quella ufficiale. «Ma anche in Occidente non mancano limitazioni alla libertà religiosa».

Cosa fare quindi? «Nei Paesi in cui domina ancora la religione di Stato, occorrerà prima di tutto incoraggiare il pluralismo religioso, ma soprattutto eliminare le leggi che puniscono anche penalmente la blasfemia». L’Europa e i Paesi occidentali, invece, sono chiamati a riscoprire il valore di una «sana laicità», che non si deve tradurre «nel distacco dell’aconfessionalità».

Con questo proposito, l’Arcivescovo ha augurato che lo studio rigoroso dell’Editto «possa illuminare la pratica della libertà religiosa». E l’auspicio riguarda in primo luogo la città capoluogo, crocevia di culture, fedi e visioni differenti. Scola ha ricordato inoltre l’arrivo del Patriarca di Costantinopoli Bartolomeo I, che sarà a Milano il 15 maggio, e il passaggio in Italia del nuovo Papa copto Tawadros II. «Queste  figure eminenti vengono qui perché ormai parte del loro popolo vive tra noi e le seconde generazioni di queste persone - al di là dello ius soli e dello ius sanguinis - sono milanesi e non si potrà fare a meno di prenderne atto». Un invito all’apertura e al confronto, in una società dai contorni sempre più variegati, ma non per questo meno attenta al bene comune.